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Parre, un museo che parla della nostra storia

«Questo luogo non va visto come un sacrario di reliquie, ma come una biblioteca che ci deve parlare». Basterebbero le parole di Filippo Maria Gambari, Soprintendente per l’Archeologia della Lombardia, a chiarire il senso del nuovo allestimento portato a termine all’Antiquarium di Parre, il museo che raccoglie i reperti ritrovati durante le campagne di scavo nel vicino sito archeologico «Parra Oppidum degli Orobi».

L’obiettivo del progetto, realizzato dall’Amministrazione comunale in collaborazione con la Soprintendenza grazie a un contributo regionale, è stato infatti quello di avvicinare il museo alla gente, rendere ogni visita un’esperienza piacevole, permettere di riannodare i fili con la nostra storia. Concetti che sono stati più volte richiamati questa mattina, durante l’inaugurazione.

Un momento dell'inaugurazione
Un momento dell’inaugurazione

Dopo i saluti del sindaco Danilo Cominelli, è stata l’assessore alla Cultura Elena Imberti a spiegare la genesi del progetto: «Appena ci siamo insediati, abbiamo subito sentito l’esigenza di dare a questo luogo l’importanza che meritava – ha detto -. Abbiamo però notato che i parresi facevano fatica a sentirlo proprio e a percepire le connessioni tra le proprie radici e la realtà del paese oggi. È stato questo il punto di partenza del progetto, focalizzato sul fatto che questi reperti potessero parlare, raccontarci la nostra storia».

L’Amministrazione comunale ha quindi colto l’occasione di un bando della Regione per ottenere un finanziamento di quasi diecimila euro, soldi con cui è stato realizzato il nuovo allestimento. Il progetto è stato pensato con il supporto di Annalisa Bonassi, consulente del Comune, che ha lavorato a stretto contatto con la Soprintendenza per l’Archeologia. Fondamentale, infine, anche il supporto di un gruppo di volontari.

Come ha spiegato Annalisa Bonassi, il nuovo percorso è basato sul colore: una linea del tempo disegnata all’ingresso permette di riconoscere le diverse fasi di sviluppo del sito e i periodi a cui appartengono i reperti. Il materiale è in ordine cronologico, dall’età del bronzo all’epoca romana. Le illustrazioni che si trovano sui pannelli o nelle vetrine permettono di capire come venivano utilizzati gli oggetti esposti, proiettando il visitatore nel passato.

Annalisa Bonassi spiega il nuovo allestimento
Annalisa Bonassi spiega il nuovo allestimento

Si è cercato di fare un museo che fosse inclusivo, quindi capace di parlare a tutti. Il percorso è pensato su due livelli: per chi predilige visite rapide e per chi vuole approfondire. Tutti i testi sono tradotti anche in inglese. Un’attenzione particolare è rivolta ai bambini, con schede didattiche pensate per loro e sperimentate dagli alunni della scuola primaria di Parre.

«Il titolo del progetto è “Reperti parlanti”, questo perché si è focalizzata l’attenzione proprio sui manufatti che in archeologia sono i veri protagonisti della collezione – ha sottolineato Annalisa Bonassi -. Il manufatto si racconta e quindi in qualche modo narra la sua funzione, il contesto d’uso, l’evoluzione nel tempo. Testimonia i contatti che gli antichi abitanti di Parre avevano con le popolazioni vicine. Tutto ciò grazie ai testi delle didascalie e dei pannelli di approfondimento collocati all’interno delle vetrine». Una strategia che diventa esplicita nelle schede per i bambini, dove i reperti si animano e raccontano la loro storia.

Il sito «Parra Oppidum degli Orobi» si trova in località Castello. Dopo diverse campagne di scavo, nel 2013 sono stati inaugurati Parco archeologico e Antiquarium. L’insediamento è stato attivo dalla fine dell’età del Bronzo agli inizi dell’età del Ferro. «Questo è un sito straordinario perché abbiamo la possibilità di presentare un capoluogo preromano – ha spiegato Filippo Maria Gambari -. Si tratta di un centro che nel tempo diventa capoluogo di un distretto minerario. Da qui nascerà poi Bergamo, questa è la madre di Bergamo. È il punto dove al meglio si possono declinare le origini, l’identità, la storia di un territorio». Quella storia che arriva fino a noi.

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