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Casa dell’Orfano, nell’ex portineria un luogo della memoria

Diventerà un luogo della memoria. Uno spazio dove riscoprire la storia, ma anche ricordare la figura di monsignor Giovanni Antonietti. L’ex portineria della Casa dell’Orfano, nella Pineta di Clusone, riaprirà presto i battenti. I lavori di ristrutturazione sono quasi terminati. L’inaugurazione dovrebbe avvenire a novembre.

L’intervento è stato reso possibile dalla collaborazione fra l’Associazione Ex allievi e amici di monsignor Antonietti e la Fondazione Casa dell’Orfano. «La nostra intenzione è raccogliere tutta la documentazione storica relativa alla Casa dell’orfano e portarla all’interno di questo stabile – spiega Gabriele Pastorio, presidente della Fondazione – . È materiale di notevole rilevanza, in quanto monsignor Antonietti ha fondato la Casa dell’Orfano nel 1925 e ci sono documenti interessanti relativi al periodo fascista. C’è anche l’idea di ricostruire la stanza originaria di monsignor Antonietti, oltre a portare all’interno dell’ex portineria quei dipinti che attualmente erano in immobili non ristrutturati e quindi in condizioni precarie. Vogliamo così mettere in sicurezza il patrimonio della Casa dell’orfano».

Si sta lavorando sugli immobili, ma anche sui documenti. Sergio Del Bello, del Centro studi archivio bergamasco, è appunto impegnato a riordinare l’archivio della Casa dell’orfano. «Nell’ambito del progetto “Archivi di valle”, di cui sono responsabile scientifico, è stata fatta una ricognizione su tutti gli archivi storici degli enti pubblici e assistenziali della Val Seriana – spiega -. Anche la Casa dell’orfano è stata oggetto di questa indagine. A seguito della nostra segnalazione, la Sovrintendenza ha compiuto un sopralluogo scientifico. La Fondazione ha avuto la sensibilità e la lungimiranza di provvedere al riordino».

La Casa dell'Orfano
La Casa dell’Orfano

Il lavoro è iniziato l’anno scorso ed è ormai a buon punto. «Ci sono importanti novità – prosegue Del Bello -. Abbiamo scoperto storie, aspetti e avvenimenti che non si conoscevano perché l’archivio era abbandonato da molti anni e non consultato dopo la morte di monsignor Antonietti. Siamo felici di rendere alla comunità e agli studiosi la possibilità di consultare queste nuove fonti che altrimenti sarebbero rimaste inesplorate».

La presentazione è prevista per novembre, a cura della Fondazione e dell’Associazione ex allievi. In primavera, a Bergamo, è poi in programma un secondo appuntamento. «Nel contesto dei seminari dell’Archivio bergamasco, terremo una conferenza specifica dove illustreremo i lavori di riordino e presenteremo i risultati degli studi e delle ricerche che si stanno avviando su queste fonti archivistiche», conclude Sergio Del Bello.

Monsignor Giovanni Antonietti, sacerdote, alpino, cappellano militare, fondatore e presidente della Casa dell’orfano, è stato ricordato ieri a quarant’anni dalla morte, avvenuta il 23 novembre 1976. La cerimonia, negli spazi della Casa dell’Orfano, ha visto la presenza di ex allievi, alpini, autorità, rappresentanti di gruppi e associazioni.

Un momento della cerimonia
Un momento della cerimonia

Nato a Cirano di Gandino il 7 febbraio 1892, monsignor Giovanni Antonietti, «nel 1925, all’interno della Pineta, inizia ad accogliere gli orfani di guerra, riuscendo a costituire la Fondazione Casa dell’orfano, prima istituzione italiana sorta per la tutela dei fanciulli con un’ospitalità permanente – ha ricordato Luigi Rozzoni, vicepresidente dell’Associazione ex allievi – . Accoglierà negli anni più di 20 mila bambini e ragazzi, figli di alpini caduti sui campi di battaglia, garantendo loro una casa e una formazione. Migliaia di ragazze e ragazzi a lui affidati ai quali si preoccupò di dare una preparazione da galantuomini. Diresse la casa fino al 1969, mantenendo poi il ruolo di presidente fino al 1976».

«Sono stato qui 18 anni – afferma il presidente dell’Associazione, Vittorio Ravelli -. Monsignor Antonietti era un uomo burbero, ma di grande umanità. Un vero padre per gli orfani. Noi cerchiamo di portare avanti quello che lui ha costruito, anche se i tempi sono cambiati. Per fortuna, abbiamo padre Arturo Spelgatti, che per noi è stato fondamentale nel far vivere e gestire questo complesso».

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