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Breno, dai lavori in piazza emerge un altro scheletro

Il sottosuolo, per l’uomo, è da sempre un territorio inesplorato che può nascondere resti appartenenti al passato, a volte veri e propri tesori di assoluto valore scientifico e storico. Questo è quello che è accaduto a Breno lunedì 17 dicembre in piazza Ronchi, nel corso di lavori per il rifacimento dell’area e la realizzazione di un parcheggio interrato.

Gli scavi hanno restituito uno scheletro privo di corredo, posizionato nella zona Sud della piazza e rinvenuto a quattro metri sotto il livello del terreno con l’orientamento Nord-Est, Sud-Ovest. «La posizione poteva essere un dato importante per poterlo collocare nel tempo, pensando magari ai criteri di sepoltura di qualche cultura specifica del passato, ma essendo l’unica tomba rinvenuta in quella zona per ora, non è possibile stabilire ancora nulla», afferma Cristina Longhi, archeologa della Soprintendenza per i beni culturali e architettonici di Brescia, Mantova e Cremona.

Il ritrovamento è stato una sorpresa per gli archeologi. «Quando abbiamo saputo del progetto dei parcheggi abbiamo fatto eseguire dei sondaggi nel sottosuolo da cui è emerso che gli strati del terreno presentavano reperti archeologici dell’Età del Bronzo – continua l’archeologa -. Il ritrovamento della tomba è stato inaspettato. Le indagini avevano rilevato ritrovamenti di vita quotidiana, non di necropoli (agglomerati di diverse tombe che formavano piccoli cimiteri, ndr)».

Breno non è nuova a questo tipo di reperti. Ricopre infatti un ruolo di primo piano nella storia delle scoperte archeologiche in Valcamonica. «Nel 1980-85 il Professor Francesco Fedele dell’Università di Napoli ha scoperto dagli scavi condotti sulla collina del Castello di Breno una sepoltura dell’età del Ferro e dei frammenti di ceramica riferibili ad un insediamento Neolitico – racconta la professoressa Longhi -. Si pensava che si trovassero solo lì, invece si è scoperta la presenza di resti anche nella zona sotto l’altura del Castello. Del resto, la storia di Breno è lunga: risale attorno alla prima metà del terzo millennio».

Lunedì 7 gennaio un altro scheletro è emerso dalle ricerche, posizionato nella zona più ad Est del cantiere, ma di questo ritrovamento si sa ancora poco. Gli studi continuano a procedere. «I corpi sono raccolti e studiati dagli antropologi che stabiliscono età, sesso, causa di morte, stile di vita. Vengono studiati perché sono documenti della nostra storia», sottolinea l’archeologa.

A distanza di un mese, risulta ancora difficile per gli esperti collocare nel tempo la sepoltura ritrovata a dicembre. «È difficile perché non ci sono corredi, nessun oggetto che ci possa aiutare a capire l’epoca a cui questo corpo appartiene. Solitamente noi troviamo i resti nei vari strati di terreno, se riusciamo a datare quello strato, riusciremo a collocare anche il defunto – continua Cristina Longhi -. Una volta chiuso il cantiere e le indagini, se non avremo scoperto ancora l’epoca di appartenenza, procederemo con le analisi delle ossa, con il C14 (misura il decadimento del carbonio nelle ossa, ndr), che in assenza di dati, ci aiuta a collocare nel tempo, in presenza di altri dati, invece, precisa ancora di più il periodo». Un’analisi, quella del Carbonio14 (o Radiocarbonio), non semplice. «Il problema è che il dato va comparato con la datazione stratigrafica (datazione che descrive gli strati archeologici, ndr). Restando nel terreno a lungo, le ossa del corpo possono assorbire tutte le sostanze che filtrano, dunque il dato del C14 potrebbe essere variato ed errato».

In altre zone del cantiere sono stati ritrovati reperti archeologici, a diversi livelli del terreno, dunque non riconducibili al defunto. «Abbiamo trovato frammenti di ceramica di recipienti e vasi, usati nella vita quotidiana, risalenti all’Età del Bronzo», aggiunge l’archeologa. Lo scavo archeologico e quello edile sono attività che si stanno svolgendo in contemporanea subendo rallentamenti anche a causa delle condizioni climatiche. «Noi cerchiamo di anticipare sempre gli scavi archeologici rispetto a quelli edili, ma siccome non si poteva non rendere accessibile la piazza perché è molto frequentata, l’amministrazione comunale ha deciso di svolgere le attività insieme».

Le Soprintendenze lombarde hanno avviato un progetto di notevole importanza, utile per loro, ma anche per tutti quelli che vogliono saperne di più sulla storia degli abitanti della Lombardia. «Come Soprintendenze Lombarde abbiamo un magazzino in cui vengono posti i reperti archeologici. Inoltre abbiamo una convenzione con l’Università di Medicina degli studi di Milano: noi cerchiamo di contribuire a livello archeologico per creare una “banca dati” che costituirà la mappa di tutti gli abitanti della Lombardia nel tempo», spiega ancora Cristina Longhi.

I ritrovamenti non comprometteranno la realizzazione del parcheggio, contribuiranno invece ad arricchire la storia archeologica di Breno e dell’intera Valle Camonica.

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