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Un clusonese in Bolivia tra orfanotrofio e carcere minorile

Con il conferimento a dicembre da parte del “Centro Missionario Diocesano”, della Fondazione “Papa Giovanni XXIII” e dell’Associazione “Pro Jesu” del Premio Papa Giovanni XXIII è stato riconosciuto l’impegno di Mario (Teodoro) Mazzoleni, clusonese che da 19 anni vive in Bolivia.

Nel Paese del Sud America, il baradello svolge diverse attività. A Santa Cruz de la Sierra, insieme alla moglie Cintia Rodriguez e in collaborazione con le Suore Benedettine della Divina Provvidenza, il 58enne (nato a Clusone il 16 agosto 1960) gestisce l’Hogar San Lorenzo, una casa famiglia per bambini orfani da 0 a 9 anni.

Mazzoleni, collaborando con l’Arcidiocesi di Santa Cruz de La Sierra (guidata dall’Arcivescovo baradello Sergio Alfredo Gualberti), siede inoltre nella Commissione episcopale delle opere sociali.

A questo si aggiunge infine l’importante ruolo di direttore del Centro Fortaleza San Guglielmo di Malavalle, struttura che accoglie una quarantina di minori con reati penali realizzata con il sostegno della Diocesi di Grosseto e della CGIL Lombardia.

In occasione del concerto natalizio promosso dal Centro Missionario Diocesano bergamasco, Mario si trovava in Bolivia e non ha potuto ritirare il premio di persona. Lo ha fatto al suo posto il padre. Mazzoleni, al suo rientro in Italia qualche giorno or sono (torna a casa ogni tre anni), finalmente ha potuto stringere il riconoscimento realizzandone l’importanza. 

«Mi ha reso molto felice – racconta il clusonese – anche se per me quello che sto facendo è abbastanza normale, non mi sembrano cose straordinarie. È comunque un onore, significa che quanto sto realizzando viene visto in modo positivo. Il lavoro con i ragazzi con responsabilità penale non è facile. Hanno commesso delitti, è vero, ma sono giovani, a volte per gli adolescenti non è anomalo rompere gli schemi, anche se ovviamente non si possono superare i limiti».

La “Giustizia riparativa” nel carcere minorile boliviano

Con l’aggiornamento avvenuto nel 2014 della legge sui minori in Bolivia, nel testo è stata inserita la possibilità dell’applicazione dei principi della “Giustizia riparativa”, fondamento alla base di alcuni progetti educativi avviati al Centro Fortaleza. «L’obiettivo – spiega Mazzoleni – è di mettere in contatto reo e persona offesa affinché vi sia una maggiore assunzione delle responsabilità verso le persone che hanno subito un danno. Prendendo in considerazione le sofferenze, i nostri ragazzi possono cercare di integrarsi nella società con la consapevolezza delle loro azioni, mentre le persone offese possono trovare sollievo al senso di rabbia e odio verso gli individui all’origine della loro sofferenza. Non è facile: in Bolivia a volte si confonde la violenza con la giustizia comunitaria».

Il centro diretto da Mazzoleni ha ottenuto negli anni buoni risultati. Dal 2004 sono circa 1090 i ragazzi che vi sono transitati, di questi non più del 3-4% ha ripetuto gli stessi delitti. «Cerchiamo di lavorare con le famiglie dei giovani – svela -. Serve un ambiente sano. Ci sono inoltre anche attività di accompagnamento che vanno oltre il periodo di detenzione e che permettono di tenere alla larga i ragazzi da ambienti che potrebbero incidere su una ricaduta».

Mario è anche responsabile di un centro per orfani e minori tolti temporaneamente alla famiglia per violenze. «Parliamo di 55 tra bambini e bambine (con meno di 10 anni) – spiega – che vengono accompagnati in programmi educativi grazie all’impegno delle suore Benedettine della Divina Provvidenza. È come una casa famiglia molto grande. Alcuni restano per periodi lunghi, dipende dai giudici, dalle possibilità di adozione e dalla supervisione degli assistenti sociali».

Il percorso di Mario

Mario Mazzoleni vive e lavora da poco meno di vent’anni in Bolivia. Prima è stato capo cantiere per imprese bergamasche e milanesi che lo hanno portato in Russia, Angola, Francia, Marocco e India. Dall’ottobre 2001 risiede nella zona di Santa Cruz de La Sierra. Dal 2002 è amministratore del Centro Fortaleza, quando ancora si trovava in un immobile di dimensioni più modeste. Ne è poi diventato direttore nel 2006, dopo la realizzazione della nuova sede (completata nel 2005) grazie al finanziamento della Diocesi di Grosseto (tramite la Cei) e con l’appoggio della CGIL Lombardia. In Bolivia Mario ci è finito per amore: in Russia ha conosciuto una ragazza Boliviana, diventata poi sua moglie. I due hanno vissuto in Russia, in Italia e infine in Bolivia.

Mario non è stato inviato dalla Chiesa Bergamasca nel Paese sudamericano. «Sono stato, diciamo, “arruolato” sul posto – scherza -. Devo ringraziare per questo monsignor Gualberti che mi ha messo in contatto anni fa con sacerdoti che avevano bisogno di qualcuno per portare avanti alcuni progetti. Quando torno in Italia per me ora è molto importante sentire il contatto, oltre con i miei parenti e conoscenti, anche con la nostra Chiesa. Si sente il sostegno, ci si sente parte di qualcosa di grande».

Un approfondimento andrà in onda mercoledì 12 giugno all’interno di Decoder, trasmissione in onda alle ore 20.30 sul canale 88 di Antenna2, le repliche giovedì alle 14 e venerdì alle 23.15.

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