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«Le banche si allontanano dalle valli: serve un patto territoriale»

Gli sportelli bancari diminuiscono a vista d’occhio. A farne le spese sono soprattutto i paesi di montagna, dove spesso rappresentano l’ultimo punto di riferimento economico presente.

La First Cisl ha rilevato che tra il 2010 e il 2017 sono state chiuse 6.289 filiali bancarie, 383 comuni italiani sono rimasti privi di banche (29 quelli lombardi), e sono stati persi 26.249 addetti allo sportello. «Con questo ritmo in 15 anni non ci sarà più nessuna banca sul territorio», è la considerazione della categoria dei bancari Cisl. 

A partire dal 2018 la ricaduta è sempre più visibile anche in provincia di Bergamo: «Ubi, Intesa e Banco Bpm, attraverso piani di riorganizzazione hanno previsto la chiusura di una trentina di sportelli in provincia». Solo per quanto riguarda la Macro Area Territoriale Bergamo e Lombardia Ovest – sono sempre dati First – Ubi ha conteggiato la chiusura di una filiale e 12 minisportelli (tra questi Torre de’ Roveri, Ubiale Clanezzo e Berbenno).

«Nemmeno il Made in Italy ha fermato la fuga delle banche – dice Giovanni Salvoldi, segretario generale First Cisl di Bergamo -. In sette anni i finanziamenti ai distretti della moda, del tessile e della fabbricazione delle macchine (per quanto riguarda la situazione bergamasca si tratta di Valle Seriana e Valle Brembana) sono diminuiti di 682 milioni, anche in virtù delle varie operazioni di fusione avvenute, e i loro territori hanno perso 17 sportelli bancari, lasciando ben 22 comuni senza alcun riferimento finanziario. Le politiche bancarie si sono concentrate sul taglio dei costi anziché sulla vicinanza al tessuto locale e si è abbandonata una gestione paziente dei crediti problematici che avrebbe permesso a molte imprese di tornare in bonis, rilanciando l’occupazione».

Nei distretti di Albino e di Zogno, presi in considerazione dalla ricerca della First Nazionale, nel 2010 erano presenti 93 sportelli. A fine 2017 ne sono rimasti 76, lasciando 4 comuni in più senza alcun istituto bancario, per un totale di 22 paesi totalmente sprovvisti. A questi si aggiungono le nuove chiusure pianificate a partire dal 2018, aumentando quindi le località senza alcun presidio.

Francesco Corna, segretario provinciale della Cisl bergamasca, ipotizza una task force per frenare il trend che appare sempre più evidente. «La rete dei servizi nei paesi delle valli si sta impoverendo sempre più – sottolinea -. È necessario che il pubblico e le forze sociali si facciano carico del problema, trovando soluzioni per frenare l’impoverimento del tessuto economico delle nostre valli e il suo conseguente spopolamento. Dopo il duro colpo inferto alle attività economiche, adesso in gioco c’è la sopravvivenza stessa dei piccoli centri. I tanti pensionati che li abitano sono certo poco propensi a attivare un conto on line, hanno bisogno di un bancario di fiducia cui affidare pensione ed eventuali risparmi. Pensiamo a un accordo territoriale che individui le possibilità tramite le quali i comuni o le Comunità montane trovino spazi da allestire a sportello bancario, magari “multimarca”, per venire incontro alle esigenze di un popolazione altrimenti abbandonata».

Secondo lo studio First Cisl, infatti, la gente continua ad entrare in filiale: in 26 milioni si rivolgono tuttora a uno sportello bancario, il 51,7% della popolazione maggiorenne. Il problema è che il crollo del numero dei dipendenti bancari ha come ricaduta un rallentamento del servizio, tant’è che il 15% dei clienti dichiara di dover fare una coda superiore ai 20 minuti contro il 14% del 2011.

«Questi dati – afferma Salvoldi – ci dicono che la gente non vuole la chiusura in massa di filiali e minisportelli. Le banche hanno un’importante responsabilità sociale, ed è fondamentale mantenere e difendere la capillarità del servizio bancario, con particolare riferimento alla presenza di sportelli nelle zone più disagiate, come ad esempio la montagna o le periferie urbane».

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