Polizia, medici, militari: i controlli che ha dovuto superare un bergamasco di ritorno in Cina sono stati particolarmente lunghi e rigidi.
Gloriano Taccon, bergamasco di 66 anni, di Gazzaniga, è un imprenditore italiano residente all’estero che vive da circa 25 anni (per 8-9 mesi all’anno) in Cina.
La scorsa settimana, trovandosi in Portogallo da una ventina di giorni, ha preso un volo per tornare in Cina. “Per l’Italia non ho trovato aerei”: aggiunge.
Il suo viaggio è stato un’esperienza molto particolare e per nulla semplice per via della sua nazionalità.
Partiamo dal tragitto. Il percorso in una situazione normale avrebbe dovuto seguire grossomodo il seguente schema:
Lisbona-Francoforte 2000 km (2,5 ore);
Francoforte-Hong Kong 9000 km (10 ore);
Hong Kong-Zhuhai 40 km (70 minuti di trasporto locale).
A causa delle restrizioni adottate per contrastare la diffusione del Coronavirus non è andata esattamente così: i tempi si sono allungati ed è stato necessario anche fare una deviazione appena arrivato a Hong Kong.
A Hong Kong, dove è stato sottoposto al controllo della temperatura, c’è stato un cambio di rotta: non ha potuto dirigersi verso la vicina Zhuahi, dovendo optare per una lunga deviazione su un altro aeroporto da cui ripartire per la sua destinazione finale. “Come andare da Milano a Bergamo passando dalla Danimarca”: spiega Taccon per rendere l’idea.
Non trovando di meglio per passare la notte, ha preso (con un prezzo non proprio economico) una poltrona in aeroporto. “Con la stessa cifra mi sarei rilassato in una bella camera in hotel”: confronta Taccon. Poi un paio di ore in aereo fino a Shangai, dove all’arrivo sono scattati ulteriori controlli ed è stato poi possibile prendere l’aereo per Zhuahi.
“Dove è scattata anche un’altra procedura: l’isolamento per 14 giorni – spiega Taccon -. Mentre chi ha qualche sintomo va in ospedale, gli altri vanno comunque in isolamento”.
“Gli italiani in viaggio devono inoltre sapere – rimarca Taccon – che trovare alberghi disposti ad accoglierci è praticamente impossibile. Si rischia quindi di rimanere in strada”.
Così ricapitolando Taccon, ha lasciato Lisbona alle 16 (circa) del 19 marzo (fuso orario rispetto all’Italia -1 ora) ed è arrivato a Zhuahi il 22 marzo alle ore 11 (+7 ore rispetto all’Italia). In totale un viaggio (riposi e controlli compresi) che ha richiesto 59 ore. E ora è in isolamento per un paio di settimane.
“Quello che ho imparato da questa esperienza – conclude Taccon – è che quello che fa la differenza non sono probabilmente le risposte sanitarie (medici etc…), ma la capacità di gestire un’emergenza legata alla diffusione di un virus. Sono le procedure e anche le piccole attenzioni che pongono in essere le condizioni per limitare il contagio. Poi probabilmente, per come mi hanno ritenuto un possibile vettore di contagio, per via della mia nazionalità, penso proprio che ora siamo noi il focolaio da cui si teme la diffusione negli altri Paesi”.