Degli 8.947 soggetti ancora positivi al Covid in tutto il territorio regionale, ce ne sono circa 2.000 che, nonostante siano trascorsi due mesi dalla data di comparsa dei sintomi, continuano ad essere ‘debolmente positivi’. Si tratta di cittadini costretti a stare ancora in isolamento, in virtù delle regole dettate dalle linee guida del Ministero della Salute, che considerano un soggetto guarito solo dopo la negatività di un doppio tampone eseguito a distanza di 24 ore. Una situazione per la gestione della quale Regione Lombardia ha chiesto indicazioni precise al Ministero della Salute, al Comitato Tecnico Scientifico e all’Istituto Superiore di Sanità.
«Questo pomeriggio – comunica l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera – ho inviato una nuova nota, dopo quelle già inoltrate dalla Direzione Generale dell’Assessorato, il 10 e 22 giugno, affinché ci vengano fornite linee guida aggiornate alla situazione attuale, soprattutto alla luce degli studi scientifici che hanno dimostrato la scarsa possibilità di infettare da parte di questi soggetti».
Nella lettera sono stati riportati, come nelle precedenti comunicazioni intercorse con i tecnici della Dg Welfare, i risultati dello studio condotto su 280 soggetti guariti da coronavirus Sars-Cov-2 dall’Irccs San Matteo di Pavia, in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico della Lombardia e dell’Emilia Romagna, l’ospedale civile di Piacenza, l’ospedale universitario ‘Le Scotte’ di Siena e il Policlinico di Milano. Una ricerca che aveva evidenziato che tali pazienti avevano ‘cariche’ virali basse e che il segnale di sopravvivenza del virus era meno del 3%.
«Questi prolungati periodi di isolamento – ha rimarcato Gallera – stanno generando situazioni in molti casi insostenibili e con risvolti psicologicamente negativi in soggetti fragili, come per esempio la bambina di 4 anni del milanese per la quale abbiamo già interessato il Ministero. Siamo tutti concordi sull’importanza di garantire la sicurezza delle persone, nella certezza però di non infliggere misure sproporzionate. Mi auguro pertanto che il Ministero della Salute, che tramite il direttore generale della Prevenzione Giovanni Rezza, nell’ultima missiva del 23 giugno scorso, si rimetteva a un pronunciamento del Cts, fornisca alla Lombardia e di conseguenza a tutto il Paese, una linea che garantisca sicurezza e appropriatezza».