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Rsa e trasferimenti, la denuncia: «In Bergamasca prezzi da Grand Hotel»

In questi giorni è stato da più parti e più volte sollevato il tema delle Rsa, le strutture che si occupano dell’assistenza e della salute degli anziani, della gravità della situazione economica e occupazionale in cui si trovano a seguito della pandemia Covid. Ma c’è un altro problema, che mette in evidenza la Cisl di Bergamo.

«La Delibera di Giunta regionale 3229/2020, invece di snellire, ha ancor più reso difficile il loro riavvio nonostante vi siano molte persone in condizioni di fragilità in lista di attesa per essere ospitate spiega il sindacato -. Il tenore delle telefonate arrivate, tra sportelli Adiconsum e uffici della Federazione pensionati, è allarmato e anche furioso: in alcune Rsa private accreditate, la delibera del giugno scorso viene utilizzata come “forma di ricatto” nei confronti delle famiglie che intendono fare richiesta di dimissioni per trasferimento presso altra struttura per il proprio parente ricoverato».

La figlia di una signora ricoverata presso una Residenza bergamasca denuncia quote “impazzite” nel caso di richiesta di dimissioni: «Soprassediamo che per le pratiche legate al tampone richiedono 100 euro; magari tralasciamo il fatto che la camera singola da 100 euro al giorno, come previsto in contratto, la faranno pagare 200 al giorno per i 15 giorni di quarantena prima dello spostamento; ma sono i 25 euro all’ora per 24 ore per 15 giorni (totale 9000 euro) per la sorveglianza dei malati affinché non vengano in contatto tra loro in caso non abbiano molte camere singole a disposizione a gridare veramente allo scandalo, anche perché mia madre è allettata, come molti altri ospiti».

«Una lettera della stessa Rsa riporta “nero sui bianco” tutti i passaggi necessari per la richiesta di dimissioni e anche per uscire a fare visite specialistiche, il tutto con un preciso tariffario da albergo a 7 stelle – prosegue la Cisl -. Il tutto in assoluto rispetto della  delibera con cui Regione Lombardia tenta di governare il ritorno alla normalità dopo l’emergenza Coronavirus. L’eventuale risultato positivo di tampone o test potrebbe costare alla famiglia del ricoverato che rientra da una visita specialistica qualcosa come 2800 euro, sempre che dopo quattordici giorni non ci sia altro esito positivo».

«Tutto questo naturalmente non succede se non si chiede di trasferirsi in altra struttura – sottolinea Caterina Delasa, segretaria generale della Fnp Cisl Bergamo -. Il fatto è che poco prima e durante l’emergenza alcune famiglie si sono trovate obbligate a far ricoverare i propri cari in strutture private accreditate, perché le pubbliche non avevano posto».

«Il caos creato da Regione, Ats e strutture sul dopo coronavirus – rincara Mina Busi, presidente di Adiconsum cui questa denuncia è formalmente arrivata – rischia davvero di riversarsi sulla popolazione anziana e sulle loro famiglie. In lista d’attesa, solo a Bergamo, ci sono migliaia di anziani per i quali le famiglie fanno i salti mortali per organizzarsi e accudirli, mentre nelle sole Rsa bergamasche quasi 1800 posti sono liberi. È una vergogna che un territorio civile non si merita».

«Io capisco che la Residenza avrà difficoltà nel momento in cui ci sarà un esodo di massa di  molti ospiti che, come mia madre, stanno aspettando di trasferirsi nelle strutture convenzionate – dice ancora la signora -. Ma lo facciamo solo per una mera questione economica, quasi 3.000 euro contro 1.800 al mese , fa una grande differenza per chi ha lavorato una vita e ha solo la pensione e qualche risparmio da parte, e richiedere 9000 euro in più per poter andare in un’altra struttura mi sembra eccessivo».

«La questione è di una gravità assoluta e non possiamo non denunciarla – dice Mario Gatti, della segreteria provinciale della Cisl – . È una situazione non semplice creata da una Regione che dispone regole complesse ponendo i costi a carico delle famiglie».

«Non si può stare zitti, fare finta di non sapere, di non vedere perché la cosa non ci tocca direttamente – tuona letteralmente Emilio Didonè, segretario generale di Fnp Lombardia -. Qui siamo di fronte ad un vera e propria forma di ricatto nei confronti di famiglie e persone lasciate sole che non sanno più dove sbattere la testa. Questo Paese, questa Regione, questa politica devono affrontare seriamente il tema della vecchiaia, della disabilità, della non autosufficienza. Non si può continuare a scaricare su persone e famiglie incombenze spesso solo sanitarie, che dovrebbero essere a carico del servizio sanitario. È compito dello stato definire i livelli essenziali per esempio di Alzheimer, di Parkinson, di demenze senili. Invece, in questo Paese, non si riconoscono i principi e diritti inviolabili costituzionali di tutela della salute alle persone non autosufficienti. Presidente Fontana, quante altre situazioni simili come questa denunciata dalla coraggiosa signora ci sono in questa regione?».

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