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Pandemia e trasporto scolastico, la proposta: «Usiamo i bus dell’autonoleggio»

Malgrado gli sforzi fatti per evitare gli assembramenti, i bus sono ancora troppo affollati negli orari d’ingresso e uscita dalle scuole. «È così da anni, anzi da decenni, ma con la pandemia in corso si tratta di un disagio che nessuno può più permettersi di sopportare, un rischio che è da incoscienti continuare a correre», sottolinea in una nota la Cgil di Bergamo.

Sul tema, attualissimo, intervengono, ciascuno dal proprio specifico ambito e dal proprio osservatorio, due esponenti del sindacato che si occupano di trasporto pubblico e di scuola a Bergamo.

«Due fasce d’orario d’ingresso, 690 mezzi della flotta del trasporto pubblico locale, con una capienza massima dell’80%: eppure, per i cinquantacinquemila studenti della provincia, le misure prese sono insufficienti», rileva Marco Sala, segretario generale della Filt Cgil di Bergamo. «Non bastano, perché il problema ha radici che affondano in anni di depauperamento del settore, di tagli di fondi e di chilometri garantiti ai cittadini. I nodi ora vengono al pettine, e non poteva essere diversamente».

Da tempo la Filt Cgil denuncia il fatto che alla carenza di finanziamenti si somma anche il problema di una riforma rimasta incompiuta, quella della Legge Regionale del 2012 che avrebbe dovuto rivedere completamente il sistema di assegnazione del servizio. «La riforma si è interrotta, e ai vecchi problemi se sono aggiunti di nuovi, derivati dalla pandemia. Un solo esempio: il calo degli abbonamenti del 30% in città sta producendo un’ulteriore sofferenza per la tenuta economica delle aziende», aggiunge Sala.

Nell’emergenza, una soluzione ci sarebbe, almeno temporanea: «In provincia abbiamo circa 500 pullman del comparto dell’autonoleggio fermi: è bloccato il turismo, sono ferme le gite scolastiche, così il settore è in ginocchio», prosegue Sala. «Se tentassimo di integrare i due sistemi, come è accaduto ad esempio con gli hotel reimpiegati come strutture Covid, forse potremmo moltiplicare le corse e contemporaneamente dare sostegno a un settore che vive grandi perdite. Regione Lombardia, che come tutte le regioni è competente in materia di trasporto pubblico, ci pensi e agisca: è un’opportunità certo, in attesa che poi vengano, finalmente, stanziati i finanziamenti necessari per rimettere in piedi il sistema del trasporto pubblico».

«Con il blocco delle gite scolastiche incluso anche nel nuovo DPCM, oltre alla cancellazione di quelle della scorsa primavera, queste ditte sono in grave difficoltà economica e potrebbero avere un vantaggio ad operare in collaborazione con il trasporto pubblico locale – dice Elena Bernardini, segretaria generale della Flc Cgil di Bergamo -. Mai come in questo momento si comprende come la scuola sia parte di un sistema più ampio e come tutto sia interdipendente. Già nei tavoli regionali per la ripartenza si era evidenziato come il nodo fondamentale fossero le modalità con cui i ragazzi sarebbero arrivati a scuola, in particolare nella scuola secondaria dove i diversi poli raccolgono studenti da numerosi centri sul territorio. Se all’interno delle scuole la situazione risulta controllata e gestita, l’arrivo e la partenza dagli istituti sono momenti critici di assembramento».

«Le scuole hanno accettato di differenziare gli ingressi ma lo hanno fatto introducendo solo due turni, alle 8 e alle 10, in rari casi tre – prosegue Bernardini -. Così si verificano ugualmente assembramenti alle porte degli istituti. Se i turni di entrata sono solo due (e così distanti tra loro) pare dovuto al fatto che sono gli stessi autobus ad operare nella stessa mattinata e che quindi occorre che i mezzi completino il loro percorso per poi tornare a servire le diverse scuole. Servirebbero più bus, dunque, ma fino ad ora sembra non essere stato possibile.  Ricorrere a convenzioni con ditte private del trasporto è una buona idea: permetterebbe uno scaglionamento ulteriore e più razionale degli ingressi, diminuendo gli assembramenti davanti agli istituti nelle ore critiche».

E sul tema della didattica a distanza Bernardini aggiunge: «È improponibile tornare a pensarla come soluzione di un problema che ha un’altra natura. La qualità e la ricchezza delle relazioni che si costruiscono in una classe non si potranno mai ottenere in videoconferenza o con strumenti informatici che possono essere solo un complemento limitato e di mero supporto all’insegnamento in presenza. Con tutta la fatica fatta da dirigenti e operatori della scuola per riaprire gli istituti, sarebbe una sconfitta chiudere di nuovo le porte e lasciare gli studenti da soli, a casa».

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