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Gandino, la sala civica sarà intitolata all’avvocato Giovanni Motta

Fu il primo presidente della Provincia dopo la Liberazione, il primo della Bergamo democratica. Un omaggio doveroso quello che il Comune di Gandino ha deciso di dedicare all’avvocato Giovanni Motta, in una data simbolica: il 25 aprile.

In coincidenza con la Festa della Liberazione a Giovanni Motta sarà intitolata la nuova sala civica realizzata negli ultimi anni all’interno del complesso del Salone della Valle (sede del Consiglio Comunale), in Piazza Vittorio Veneto.

«La Festa della Liberazione – afferma il sindaco Elio Castelli – rinnova ogni anno l’importanza dei valori di democrazia e partecipazione che sono alla base della nostra Costituzione. L’avvocato Giovanni Motta fu, nel 1945 il primo presidente della Provincia di Bergamo dopo la Liberazione e negli anni del fascismo fu attivo nella Resistenza e conobbe anche le privazioni del carcere. Un esempio di attualità di cui Gandino deve essere orgogliosa».

Giovanni Motta nacque a Gandino il 6 dicembre 1900. Si diplomò a Bergamo al Liceo Mascheroni e nel 1923, in piena epoca fascista, si laureò a Pavia in Avvocatura Civilistica. Nel 1918 si era arruolato giovanissimo nell’esercito dopo la disfatta di Caporetto e nell’anno della laurea scelse di tesserarsi al Partito Comunista. Venne per questo “preventivamente” incarcerato nel 1924 durante la visita di Vittorio Emanuele III a Milano.

La sua militanza politica gli impedì di esercitare la professione di avvocato per tutto il Ventennio, in quanto mai avrebbe preso la tessera del Partito Fascista che gli avrebbe consentito di iscriversi all’Ordine degli Avvocati. Allacciò rapporti con gli antifascisti bergamaschi, tra cui l’avvocato Tiraboschi e svolse attività di sostegno ai perseguitati dal regime grazie alla rendita finanziaria del patrimonio di famiglia.

«Pur non entrando in clandestinità – ricorda Mariangela Rudelli, assessora alla Cultura del Comune di Gandino –  si inserì nella 53^ Brigata Garibaldi con il nome di battaglia di “Ingegner Pietro Dolcini” e il suo compito fu quello di rifornire la Brigata di medicinali, armi, soldi e informazioni. Proprio la 53^, comandata da Giovanni Brasi, “Montagna”, ebbe come area di azione la zona di Gandino e la casa della famiglia Motta, così come il Roccolo del Colle, diventarono importante base di supporto per i partigiani».

Fra quanti frequentavano casa Motta ci fu anche Giorgio Paglia, vittima insieme ai compagni dell’eccidio della Malga Lunga del novembre 1944. Giovanni Motta diede ospitalità per diversi mesi anche all’inviato del Pci nazionale (incaricato di organizzare i partigiani della Bergamasca), il futuro senatore Mario Mammuccari, già arrestato e più volte mandato al confino, ancora ricercato e passibile di condanna a morte. «Da sottolineare – aggiunge Rudelli – l’interessamento dell’avvocato Motta per quanto avveniva a Gandino nell’immediato dopoguerra, testimoniato da un accorato appello al professor Vincenzo Rudelli. Lo convinse ad insediarsi come sindaco e raccomandò pure che certe pratiche brutali, come rasare i capelli in pubblico alle donne ritenute conniventi con il regime, venissero messe al bando».

Al termine della guerra, proprio per il fatto di essere antifascista di lungo corso, Giovanni Motta fu nominato presidente della Provincia, il primo della Bergamo democratica. Il suo mandato durò sei anni, con un reincarico fino al 20 giugno 1951, esattamente settant’anni fa. Un mandato nel corso del quale ci furono interventi significativi, fra i quali si ricordano la ricostruzione dell’ospedale psichiatrico, la sistemazione della provinciale della Val Seriana e l’inaugurazione della seggiovia a Foppolo. Già nel 1960 gli venne conferita l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. Nel 1985, per la dedizione e l’impegno profusi in provincia, il Comune di Bergamo intitolò all’avvocato Motta l’omonima via in zona Conca Fiorita.

L’intitolazione della sala sarà l’evento culminante di una mattinata che prevede la deposizione di corone d’alloro a Cirano, Barzizza e al Cimitero Comunale. Dopo la messa delle 10,30 in Basilica, la cerimonia conclusiva si terrà in piazza Vittorio Veneto davanti al Salone della Valle, sulla cui facciata sono collocate le lapidi dedicate ai caduti di tutte le guerre. «Purtroppo – sottolinea il sindaco – a causa delle restrizioni della pandemia, non sarà possibile estendere le celebrazioni a tutta la cittadinanza».

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