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«Nelle Rsa mancano Asa e Oss». Protesta a Bergamo

Sono più di 130, secondo la Cisl, le figure di Asa (Ausiliario socio assistenziale) e Oss (Operatore socio sanitario) mancanti nelle piante organiche delle Rsa bergamasche. La pandemia degli ultimi due anni ha creato una situazione problematica nelle 65 case di riposo del territorio, dove sono ospitati oltre 6000 anziani.

«L’epidemia di coronavirus ha colpito duramente queste strutture a causa di un sistema impreparato – dice Alessandro Locatelli, della segreteria Fisascat Cisl di Bergamo -. Le operatrici e gli operatori hanno fin da subito dovuto fronteggiare in prima linea le azioni devastanti di questo maledetto virus, con un supporto da parte delle direzioni delle strutture che si sono messe in trincea al fianco dei più deboli».

Oggi alcune delle operatrici della Rsa si sono ritrovate sotto la Prefettura di via Tasso per far conoscere la situazione delle strutture per anziani, con una protesta, e un incontro con il Prefetto, non rivolta ai gestori delle strutture che nel 2020 hanno dovuto far fronte ad una emergenza anche economica. «La nostra protesta è un urlo rivolto alla popolazione ed alle istituzioni pubbliche, in primis a Regione Lombardia, in quanto tutti noi siamo figli o nipoti di una donna o un uomo che un giorno avrà bisogno di essere ospite di una Rsa».

«Nelle Rsa una persona ha sicuramente bisogno di igiene di cure e di pasti regolari – hanno detto alcune delle operatrici presenti all’iniziativa di Fisascat -, ma soprattutto ha bisogno di attenzioni sociali, ha bisogno di tempo, tempo che non c’è. Riteniamo che sia sbagliato che una persona debba avere le cure necessarie e che le lavoratrici del settore non si debbano sentire “in catena di montaggio”, pertanto reclamiamo tempi di lavoro più adeguati, piani di lavoro più sostenibili che contemplino anche i tempi necessari per ascoltare l’anziano. Ascolto che troppo spesso manca per i tempi troppo ristretti».

Inoltre i carichi di lavoro eccessivi espongono a problemi di malattie ed infortuni che a lungo logorano la salute in modo permanente. «Il lavoro di cura non deve essere un lavoro di serie C – conclude Locatelli -, ma dovrebbe essere il lavoro più importante nella nostra società, destinata all’invecchiamento».

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