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Verso le elezioni, intervista a Jacopo Gnocchi

Continua il nostro percorso per conoscere i candidati alle elezioni politiche del 25 settembre nel collegio elettorale del nostro territorio. 

«Io non avevo mai fatto politica, pur essendomene sempre interessato venendo da un ambiente di centrosinistra. Nel 2012 mi sono iscritto al Movimento 5 Stelle perché lo ritenevo un soggetto politico di rottura che potesse fare la differenza. Era veramente l’espressione di un’idea dal basso.» Sono queste le prime parole di Jacopo Gnocchi, avvocato quarantaseienne candidato del M5S nel collegio uninominale di Bergamo per la Camera dei deputati (Lombardia 3 U02).

«Sappiamo tutti che è difficile, soprattutto nell’uninominale, ma ho accettato di candidarmi per metterci la faccia, per dire noi ci siamo, siamo sul territorio e candidiamo un bergamasco.»

Temi a lei cari sono quelli dei diritti. In primo luogo, la cannabis.

«È un fenomeno sociale vastissimo e tutti gli schieramenti politici sono consapevoli che non può essere governato con politiche proibizioniste. Anche perché, in questo modo, si favoriscono le mafie che ne detengono il controllo del mercato. Inoltre, bisogna ricordarsi che la cannabis ha notevoli utilità e nei più svariati campi.»

Collegata all’argomento diritti c’è la questione dell’eutanasia legale.

«Sono assolutamente favorevole. Su questi temi servirebbe un dibattito pubblico. Chi è contrario a cannabis ed eutanasia legale non vuole queste discussioni perché sa che il 90% della cittadinanza è favorevole. Anche perché forme simili, come la sedazione profonda, sono già attuate in Italia. E poi è assurdo che si debba andare in Svizzera. Infatti, noi abbiamo aiutato nella raccolta firme per il referendum sul fine-vita. Questo quesito è stato bocciato per un motivo tecnico, ma è una questione di principio e quindi c’è sempre una base politica nella decisione dei giudici.»

E per quanto riguarda il grande tema degli LGBTQ+.

«Siamo per il matrimonio egualitario. Per noi il problema non esiste: è una realtà. La situazione è già molto migliorata rispetto a una ventina di anni fa, ma sicuramente c’è ancora molta strada da fare.»

Invece sullo Ius Scholae quale è la vostra posizione?

«Sono favorevole, perché è la prova di una vera integrazione. Un ragazzo o una ragazza che conclude il ciclo scolastico dimostra il suo inserimento nella società italiana: parla bene la lingua e conosce le nostre leggi. Unico aspetto su cui varrebbe la pena discutere è se la cittadinanza si prende in automatico o su richiesta. Non devono diventare battaglie ideologiche e questi argomenti non devono essere lasciati in mano alla destra che vive sulle paure e sulle divisioni. L’importante è fare una discussione vera in merito.»

Altra proposta presente nel vostro programma è l’abolizione della caccia. È un argomento che fa molto discutere anche in Val Seriana.

«Noi pensiamo che la caccia sia sicuramente una tradizione, ma oggi, rispetto a 50 o 60 anni fa, il numero dei cacciatori sia notevolmente calato. Poi personalmente non trovo molto divertente sparare con un fucile ad un uccellino. Si tratta di rispetto per gli animali.»

Anche la vostra proposta del salario minimo per legge trova molti pareri contrari.

«C’è in tanti Paesi del mondo, per esempio in Texas, dove non sono proprio comunisti. Le imprese che funzionano bene quello stipendio già lo pagano ai propri dipendenti. Però se un’impresa che per funzionare ha bisogno di pagare 4 euro all’ora ha qualcosa che non va, non è un’azienda sana. Io farei qualche domanda all’imprenditore, forse non è proprio il suo lavoro. Questa riforma andrebbe accompagnata da una riduzione del numero dei contratti collettivi. Oggi in Italia ne abbiamo circa 900: è ridicolo. Ciò andrebbe a vantaggio dei lavoratori.»

Restando nell’ambito del bilancio: voi proponete anche la cancellazione dell’Irap e la rateizzazione delle cartelle esattoriali. Pensa che siano misure fattibili?

«L’Irap è una tassa regionale e fondamentalmente è una tassa sulla tassa. In zone come la Lombardia pesa un po’, ma non è un problema abolirla. La rateizzazione delle cartelle esattoriali durante la pandemia c’è già stata. Certo che le tasse vanno pagate, ma molte volte si tratta di piccoli imprenditori o di autonomi che non hanno ricevuto i pagamenti dallo Stato. È pieno di fallimenti non per debiti, ma per crediti. Assolutamente non condoniamo, questo lo fa qualcun altro. Noi aiutiamo le persone.»

A tal proposito le famiglie e le imprese dovranno essere aiutate per superare il caro energia. Quali sono le vostre idee?

«L’Europa deve muoversi per mettere un tetto sul prezzo del gas. Conte è stato il primo a dirlo. Non possiamo restare in balia della speculazione finanziaria della Borsa olandese. Inoltre, essendo l’UE un grosso compratore dovrebbe fare il prezzo, senza subirlo dal venditore. Anche perché è impossibile che nell’immediato la Russia venda il suo gas altrove: prima deve costruire le infrastrutture, le tubazioni. Bisogna anche dare aiuti alle famiglie e personalmente introdurrei il credito di imposta per le imprese, perché altrimenti rischiano di chiudere.»

Abbiamo toccato l’argomento guerra: quale è la posizione del Movimento 5 Stelle?

«Sappiamo chi ha invaso e quindi la nostra posizione è estremamente atlantista. La guerra che fa danni anche qui deve finire. Si facciano dei colloqui di pace. Io personalmente non sono favorevole all’invio di armi all’Ucraina, perché rischiamo di diventare cobelligeranti. Però è anche vero che non si può abbandonare un Paese. Ciò che è stato fatto fin ora va bene, ma manca una vera discussione che porti al cessate il fuoco, altrimenti rischiamo di avere vicino a noi una guerra estremamente dannosa. Gli USA, come sempre, sono bravi a fare il loro interesse. L’Europa è meno brava, spesse volte a causa delle divisioni interne.»

E cosa proponete per migliorare l’Unione Europea?

«Bisognerebbe coinvolgere i cittadini delle varie nazioni, perché l’Europa ha delle potenzialità enormi. Perché unita è il primo mercato al mondo e sarebbe anche la maggiore forza militare del pianeta. Uscire dall’UE non esiste proprio. Si sta tutti insieme e si cerca di far funzionare bene quel condominio, magari modificandone il regolamento, garantendo le minoranze, ma su tante questioni l’unanimità non ha più senso.»

Abbiamo parlato anche di gas. Voi siete i paladini del no ai rigassificatori.

«Nell’attuale stato di emergenza dire che siamo contrari o favorevoli ai rigassificatori, con una nave ferma di fronte alla Toscana in attesa di un’eventuale autorizzazione, non sarebbe un dibattito serio. È chiaro che il discorso energetico andrebbe fatto con una strategia a lungo termine. Non è che noi siamo quelli del “no”. Certi discorsi se fossero stati affrontati 10 o 15 anni fa ci avrebbero impedito di arrivare in questa situazione. Il problema è che in Italia si tende, anche a livello normativo, a trasformare l’emergenza in ordinario. Quindi la strategia del M5S è quella di puntare sulle rinnovabili. L’Italia ha una grande capacità e dobbiamo sfruttarla.»

Qualche vostro avversario dice che il mercato del lavoro è rovinato dal Reddito di cittadinanza.

«Nasce come accompagnamento alle persone in un momento di difficoltà, come succede in altri Paesi. Purtroppo, anche a causa della pandemia si è trasformato in un ammortizzatore sociale. E meno male che c’era, altrimenti avremmo avuto le rivolte in strada. Va incentivata la ricerca e il collocamento al lavoro, che finora non ha funzionato bene. Il Reddito di cittadinanza ha scoperchiato aspetti che tutti sapevano e nessuno voleva vedere: imprese che non pagano e il lavoro sommerso. Io non ritengo che il Reddito sia il problema principale. Sicuramente va potenziato e migliorato.»

Altra proposta presente nel vostro programma è la riduzione dell’orario di lavoro, mantenendo lo stesso stipendio. È concretizzabile?

«L’hanno fatto anche in altri Paesi. Quando si fa una proposta di questo tipo, lo si fa per far ragionare il mondo delle imprese, il mondo del lavoro e per stimolare un dibattito nella popolazione su dove vogliamo andare. Questo favorirebbe l’occupazione di molte più persone. Comunque, tra i vari contratti c’è già differenza, quindi è fattibile.»

Altra vostra idea è la decontribuzione per il sud. Mentre per il nord?

«Il nord è già industriale e produttivo. Non devo fare la stessa politica che voglio fare al sud. Lì devo fare il possibile perché il tessuto produttivo si sviluppi e si cerchi di colmare il divario. La decontribuzione non è una priorità per il settentrione. Qui devo dare altri strumenti: meno burocrazia, più servizi e soluzioni ambientali anche in ambito industriale. Ci deve essere una tassazione uguale per tutti, gestita dallo Stato e poi ognuno deve spendere al meglio le risorse locali.»

Inoltre, voi dite che la sanità deve tornare tutta a gestione statale, non più regionale.

«In Italia la sanità è pubblica, privata e poi c’è il privato convenzionato. Il privato puro non crea problemi, chi se lo può permettere lo utilizza. Il convenzionato, che ha messo le pezze dove il pubblico non riusciva ad arrivare, o capisce che è lì per farlo nell’interesse del pubblico, e in questo caso è la convenzione che lo deve chiarire, oppure che si torni al pubblico. Un ospedale pubblico, che è un presidio territoriale, come quello di San Giovanni o quello di Piario, deve stare con tutti i reparti aperti anche se va sottozero come numero di pazienti e come denaro. Perché nel pubblico non devo ragionare solo in termini economici e di utili. Non chiudo un punto nascita perché nascono solo 200 bambini in un anno. La conseguenza è che per risparmiare si uccidono le Valli.»

Infine, quale è il modello di turismo che proponete per la montagna?

«No alle seconde case. Hanno rovinato il paesaggio, hanno fatto guadagnare solo chi le ha costruite negli anni Sessanta e Settanta e sono aperte solo un mese e mezzo all’anno. Bisogna puntare su un turismo consapevole, dicendo basta al consumo di territorio e puntando sugli alberghi.»

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