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Cisl Bergamo: le donne ancora svantaggiate sul lavoro

Anche a Bergamo, come in tutte le province italiane, le donne guadagnano meno degli uomini, perché lavorano prevalentemente part-time e occupano posti meno remunerativi dei colleghi maschi, quindi man mano che il reddito cresce si acuisce anche la disparità, e il tutto confluisce in un divario pensionistico che, in terra orobica, tocca anche picchi del 50%: sono i risultati che emergono da un’analisi CISL sui dati delle ultime dichiarazioni dei redditi raccolte nei CAF CISL provinciali. Dai dati fiscali del 2023, tra gli occupati, la differenza tra il reddito medio femminile e quello maschile è di circa 10mila euro, con un reddito medio per le donne di poco più di 21.000 euro e per gli uomini di 31.200 euro.

Per uomini e donne prevalgono coloro che percepiscono un reddito inferiore alla media, sebbene la percentuale sia più marcata per la componente maschile (62% contro il 53%). Le lavoratrici nate in Italia hanno una busta paga di 5834 € superiore alle colleghe nate all’estero che sono il 14% del totale. Nell’emisfero maschile, nel quale i lavoratori nati all’estero sono il 18%, questa differenza supera i 7000 €. Negli stipendi inferiori ai 10mila euro, troviamo il 14% delle donne e il 5 % degli uomini. Situazione capovolta sopra i 40.000: il 16 per cento sono maschili e il 4% femminili. Infine, nel numero dei dichiaranti sopra i 50 anni (dove per carriera e anzianità gli stipendi dovrebbero essere più alti) la composizione femminile si ferma al 38% mentre quella maschile supera il 42%.

Relativamente alla composizione della forza lavoro che ha fatto nel 2024 il 730 presso la CISL di Bergamo, si evidenzia che il 70% della componente maschile è occupata nei settori industria, costruzioni e trasporti (attività ad alto valore aggiunto), mentre la componente femminile per il 60% è impiegata nel settore pubblico e in quello dei servizi e del commercio, che notoriamente hanno salari generalmente inferiori.
Relativamente alla condizione familiare, se si eguaglia la percentuale di coloro che non risultano coniugati e non hanno familiari a carico, il 37% delle donne ha almeno un figlio a carico a fronte del 43% degli uomini. Il 17% degli uomini ha il coniuge a carico a fronte dell’1% delle lavoratrici donne.

“Seppure il nostro osservatorio possa dirsi parziale, abbracciando solo lavoratori e lavoratrici che presentano la dichiarazione dei redditi nei nostri CAF, è evidente come sia specchio della realtà, della quale far emergere i tratti caratteristici – dice Candida Sonzogni, segretaria provinciale di CISL Bergamo. Le differenze sul reddito lordo da lavoro le prendiamo senza avere dati rispetto al percorso di studio e formativo personale, agli inquadramenti, alla paga oraria, agli eventuali superminimi, al welfare, alla durata del rapporto di lavoro e agli orari. La nostra analisi è, quindi, parziale in termini di gender pay gap. Constatiamo, però, che il divario salariale rende più fragile la componente femminile della società non solo oggi, ma anche nel lungo periodo e tale aspetto non può che preoccupare. Non è solo dell’Italia e della nostra provincia il dato della maggiore concentrazione dell’occupazione femminile nel settore della scuola, dei servizi e della cura; come evidenzia l’Eurostat vale un po’ per tutti i Paesi, ma le dinamiche retributive tra i settori economici non sono identiche da una nazione all’altra. Bisogna fare di più per attrarre le giovani generazioni di donne verso percorsi di studio STEM ed economico/scientifici in genere, bisogna fare in modo che, dentro le aziende e i luoghi di lavoro, siano garantite pari opportunità e percorsi di crescita e carriera. E, come sui salari, il ruolo del sindacato con la contrattazione e la bilateralità può e deve contribuire a innescare un cambiamento nelle culture organizzative e nel mondo del lavoro”.

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