Le dita dei giornalisti scorrono sui tasti e sugli smartphone. Dentro e fuori la Sala Stampa della Santa Sede, regna l’attesa. Gli occhi fissi su un comignolo. C’è chi scrive, chi sussurra, chi riprende, chi commenta, chi intervista. E chi attende in silenzio, in preghiera. Tutti sullo stesso livello: giornalisti, tecnici, pellegrini. Nessuna corsia preferenziale. Nessuna notizia sotto embargo. Quando il fumo diventerà bianco, lo sapremo insieme. Parlerà il cielo. E le campane. I briefing stampa sono sospesi. Le comunicazioni, per noi giornalisti, sono solo logistiche. Il direttore della Sala Stampa, Matteo Bruni, passa tra i cronisti con passo discreto. Un saluto, un sorriso. Anche lui, insieme al suo staff, aspetta. Nell’epoca della notifica continua, l’attesa diventa notizia. L’informazione si fa presenza. Il giornalismo si fa relazione. Tutto si rallenta, si ascolta. Si rispetta. Il cielo si fa carico d’attesa. Lo sguardo torna al comignolo. Si aspetta un bianco che non lasci dubbi. Quando arriverà, sarà linguaggio universale. E pochi istanti dopo, una voce: Habemus Papam.
Intanto, il Conclave parla anche bergamasco. Dopo Angelo Giuseppe Roncalli, diventato Papa col nome di Giovanni XXIII, oggi è Pierbattista Pizzaballa a far trepidare i cuori. Patriarca latino di Gerusalemme, uomo di dialogo, verità e perdono. “Il perdono non può essere disgiunto da due altre parole: verità e giustizia”, ha ricordato più volte il porporato, originario di Cologno al Serio.
Nel frattempo, la macchina mediatica gira senza sosta. Vatican Media, Vatican News e Radio Vaticana raccontano il Conclave in diretta in dodici lingue, con traduzioni nella lingua dei segni, trasmissioni su YouTube, onde corte, Facebook Live. La Messa Pro Eligendo Romano Pontifice, l’ingresso in Cappella Sistina, le attese della fumata: ogni fase è seguita con rigore, attenzione, rispetto.
Ma questi giorni non sono solo attesa e racconto. Sono anche un’occasione per incontrarsi. Tra noi giornalisti ci si conosce, ci si riconosce, ci si ascolta. Arriviamo da ogni parte del mondo: migliaia di colleghi, ciascuno con la propria lingua, il proprio accento, la propria storia. È così che si tocca con mano l’universalità della Chiesa, anche nella varietà dei suoi narratori. C’è un collega argentino che ha seguito Jorge Mario Bergoglio fin dai tempi di Buenos Aires, e che oggi, con una voce più rotta del solito, racconta il Papa che ha conosciuto di persona. E c’è un giovane cronista slovacco. Ha 23 anni. È il suo primo Conclave. Scrive e osserva con gli occhi pieni di emozione. Si sente “piccolo”, ma sa di essere parte di qualcosa di immenso.
Eppure, tutto resta avvolto da un’attesa densa, carica, universale. È la comunicazione globale che osserva un comignolo. Perché lì, nella Sistina dove soffia lo Spirito Santo, prende forma, nel segreto e nella preghiera, il successore dell’apostolo Pietro. Colui che sarà chiamato a guidare nella fede milioni di credenti, a custodire l’unità della Chiesa, a servire il Vangelo nel nome di Dio.
Alessandro Invernici