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Futuro dell’energia e nucleare, a Bergamo gli ingegneri sfidano i tabù

«L’energia nucleare potrebbe giocare un ruolo chiave nel nostro futuro energetico. La sfida della decarbonizzazione impone di abbandonare i fossili, ma è fondamentale valutare se le rinnovabili siano sufficienti a soddisfare la domanda. Per questo servono politiche chiare, efficaci e ben comunicate a livello nazionale ed europeo». Così Diego Finazzi, presidente dell’Ordine degli ingegneri della Provincia di Bergamo, ha introdotto l’evento “Politica Energetica Nazionale al 2050: il Nucleare come parte del futuro?”, svoltosi  presso la Sala Sestini del Palazzo dei Contratti e delle Manifestazioni di Bergamo.

Il convegno, completamente gratuito e organizzato dalle Commissioni Energia e impianti ed Ecologia e ambiente, con il patrocinio della Croil (Consulta regionale degli ordini degli ingegneri della Lombardia), è stato pensato per tecnici e cittadini con l’intento di stimolare, senza pregiudizi, la riflessione sul futuro del sistema energetico del nostro Paese attraverso l’opinione degli esperti, ingegneri e ricercatori.

Oggi si torna a parlare, seppur con cautela, del nucleare come possibile fonte energetica. Nel Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) 2024 è infatti prevista la possibilità che, entro il 2050, una quota significativa dell’energia elettrica possa derivare proprio dal nucleare. L’Unione Europea punta a un sistema decarbonizzato con l’elettricità al centro, grazie a mobilità elettrica, edifici elettrici e rinnovabili, che aumenteranno la domanda di energia e richiederanno un potenziamento della rete. Tuttavia, le rinnovabili sono intermittenti e l’idroelettrico dipende sempre più dal clima. In questo contesto, il nucleare potrebbe garantire energia stabile e continua, riducendo la dipendenza italiana dal gas e dai fornitori esteri, aumentando sicurezza, autonomia e stabilità dei costi, oltre a rendere più resiliente il sistema produttivo e la vita quotidiana.

Per tali ragioni «tematiche come questa devono essere affrontate liberandosi da vincoli ideologici, che purtroppo spesso portano a strumentalizzazioni politiche trasversali. È fondamentale evitare posizioni preconcette e concentrarsi invece su strumenti concreti e basati su dati oggettivi, in modo da offrire risposte efficaci e pertinenti alle sfide energetiche che ci attendono», ha detto l’ingegnere Ferruccio Rota, assessore ai lavori pubblici, edilizia scolastica e sportiva, reti e impianti tecnologici del Comune di Bergamo.

Il tema energetico si impone come centrale per il nostro futuro per due ragioni, come sottolineato dall’europarlamentare Giorgio Gori. «Da un lato la decarbonizzazione, dall’altro la riduzione del costo dell’energia». Obiettivi che, in realtà, non sono in contraddizione. Anzi: «le due cose, se ci pensiamo, possono coincidere: quanto più riusciremo a ridurre la componente di gas nella produzione elettrica, tanto più potremo abbattere i costi».

Come spiegato dall’ex sindaco di Bergamo, «il costo dell’energia, e in particolare quello dell’energia elettrica, non è uniforme in Europa. Ogni paese ha un proprio mix energetico e una propria dipendenza dalle importazioni, e questo si riflette in differenze di prezzo anche molto marcate». Ed è in questo quadro che l’Italia si trova in una posizione particolarmente svantaggiata: «il meccanismo che determina il prezzo dell’energia (il cosiddetto Pun, Prezzo unico nazionale) è basato sulla fonte energetica più costosa necessaria a soddisfare la domanda in un determinato momento». E purtroppo, in Italia, questa fonte è molto spesso il gas. «Il paradosso è che, anche se produciamo energia da fonti rinnovabili, il prezzo finale viene comunque determinato dal gas». Il risultato è che «l’energia diventa più costosa».

Altri Paesi europei, come Spagna e Francia, hanno invece adottato strategie più efficaci nel mix energetico: la Spagna limita il gas al 12%, pagando l’elettricità il 72% in meno rispetto all’Italia, mentre la Francia, puntando sul nucleare, paga fino all’87% in meno. Questa disparità pesa molto sull’Italia, dove il costo dell’energia rappresenta la principale preoccupazione per le imprese di tutte le dimensioni. «È quindi nell’interesse di tutti accelerare nel percorso di indipendenza dal gas, che non è solo una questione ambientale o economica, ma una necessità strategica per la competitività e la sostenibilità del nostro Paese», ha concluso Giorgio Gori.

«Le scelte energetiche incidono profondamente sull’ambiente, perché ogni sistema porta con sé una precisa visione del futuro. Per questo, come tecnici, abbiamo il dovere di contribuire al confronto pubblico con competenza, rigore scientifico e senso di responsabilità. Non possiamo affidarci a slogan: servono conoscenze solide, scenari credibili e una visione a lungo termine», ha affermato l’ingegner Gianfranco Benzoni, presidente della Commissione ecologia e ambiente.

«Nucleare è una parola che suscita timori, ma rappresenta anche una parte significativa della nostra storia scientifica e industriale – ha aggiunto l’ingegner Marco Spolti, presidente della Commissione energia e impianti –. L’Italia è stata pioniera in questo campo, e oggi tornare a discuterne non significa ignorarne i rischi, ma affrontare con realismo le sfide della transizione energetica. Il futuro richiederà sempre più energia elettrica e un mix solido, sicuro e indipendente da fonti instabili come il gas. Per questo è essenziale affrontare il tema con rigore tecnico e apertura culturale, senza pregiudizi, offrendo dati e scenari concreti per comprendere davvero cosa implica parlare di nucleare guardando al 2050».

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