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Clusone, in campo i migranti. Vince l’accoglienza

C’è qualcosa di magico nello sport. Qualcosa capace di abbattere barriere, superare diffidenze, rimuovere ostacoli. A volte è sufficiente una partita di calcio. Per rendersene conto bastava essere ieri sera all’oratorio di Clusone, dove un gruppo di migranti ospiti alla Conca Verde di Rovetta e alcuni giovani della cittadina hanno stretto amicizia correndo dietro a una palla. Un incontro semplice, senza i crismi dell’ufficialità. Una partita come se ne vedono tante sui campetti degli oratori: cinque da una parte e cinque dall’altra, tanta voglia di divertirsi.

Partita migranti Clusone
Un altro momento della partita

Monsignor Giuliano Borlini, arciprete di Clusone, racconta: “L’idea è nata giovedì, quando abbiamo incontrato questi nostri amici durante una visita alla Basilica e alla Danza macabra. Abbiamo pensato così di organizzare una partita con i nostri adolescenti e giovani. Una proposta molto semplice che non vuole avere chissà quali pretese. Tuttavia, crediamo sia un segno di accoglienza, perché sono convinto che la nostra gente non è portata a costruire dei muri, bensì a creare dei ponti, dei legami. Il cuore generoso della gente dei nostri paesi è vicino a queste persone”.
Lo si è capito anche ieri, dall’atmosfera che si respirava dentro al campetto e fuori, sugli spalti. Un clima di amicizia e condivisione. Una decina i migranti che si sono alternati sul terreno di gioco: giovani dai 18 ai 24 anni, provenienti da Nigeria, Ghana e Bangladesh. Ma sugli spalti, a fare il tifo, c’erano anche altri ragazzi ospiti alla Conca Verde, che subito hanno stretto amicizia con i giovani di Clusone. La serata si è conclusa con una cena alla festa dell’oratorio. “Questa iniziativa – sottolinea monsignor Borlini – vorrebbe essere una risposta ad altri atteggiamenti che non condividiamo e non condivide nemmeno la nostra gente che sa spalancare il cuore a queste persone”.

Parita Migranti Clusone
La squadra dei migranti

Monsignor Borlini parla anche di “un segno in sintonia con quanto la chiesa, in particolare la Caritas, sta facendo da tanto tempo. Vorremmo ci fosse anche un coinvolgimento maggiore, ma stiamo valutando come sacerdoti in che modo essere presenti. È anche un segno educativo nei confronti dei più giovani che interpreta la nostra sensibilità umana e cristiana, un segno di vicinanza a persone che lontane dalla loro patria hanno bisogno di sentire l’amicizia, la solidarietà di noi tutti”. Per la cronaca, la partita è finita 3-2 per i migranti. Ma a vincere è stata soprattutto l’accoglienza.

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