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Come nascono le icone

Dietro all’immagine di un’icona c’è molto di più, non solo per quello che rappresenta. La realizzazione segue procedure che si tramandano da secoli. I materiali, i colori, le preghiere che accompagnano il lavoro: tanti segreti e simboli con i quali si rinnova fede anche con piccoli gesti.

«La prima cosa che insegniamo – spiega Anna Mariotti della scuola di icone di Seriate – è a fare la tavola. Il legno viene scavato con una sgorbia. Poi viene stesa una tela. Deve essere di lino o cotone per indicare il lenzuolo in cui è stato messo Cristo dopo essere stato deposto dalla croce. In seguito vengono stese sette mani di gesso per indicare i giorni della creazione. L’iconografo realizza il disegno e stende il bolo, una terra rossa armena aggrappata sulla tavola con della colla di pesce. Si procede con l’incisione laddove verrà steso l’oro con della colla di coniglio. Si asciuga e ristende tre volte. Alitando si fa rapprendere la colla sulla quale si appoggia l’oro. Un altro metodo per stendere il prezioso colore prevede l’impiego di grappa a 40 gradi. Poi si inizia a dipingere, partendo dai colori più scuri, come un ritorno alla luce. Tutti i colori sono ricavati da minerali e vegetali. Per il rosso si usa il cinabro, per il blu il lapislazzulo, per il verde la malachite. Una gamma è data dalle terre. Particolare la procedura con la quale si ottiene la biacca, impiegata per il bianco. In un secchio si mette dello sterco di cavallo, sopra vengono poste alcune ciotole con dell’aceto sulle quali si pongono pezzi di piombo fatti a spirale. Il secchio viene chiuso e lasciato al sole per dieci giorni. Poi si tolgono i pezzi di metallo che con l’ossidazione assumono in superficie un colore bianco. Lo strato viene rimosso, macinato e messo in un vasetto».

Fino al 13 marzo a Clusone è possibile visitare la mostra “Le braccia della misericordia” allestita presso la galleria Franca Pezzoli Arte Contemporanea di Clusone.

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