Un brutto carattere può giustificare il licenziamento? Secondo al Corte di Cassazione no. Un’azienda metalmeccanica della Val Seriana è stata così condannata a reintegrare un proprio dipendente, riconoscendogli pure gli arretrati. «La completa irrilevanza giuridica del fatto (pur accertato) equivale alla sua insussistenza materiale e dà perciò luogo alla reintegrazione», hanno scritto i giudici nella sentenza.
La causa è stata trattata dall’Ufficio vertenze della Cisl di Bergamo. «La Cassazione ha posto come pregiudiziale la condizione che il motivo del licenziamento sia una reato, o almeno un atto illecito, e il brutto carattere di una persona non lo è», sottolinea Salvatore Catalano, responsabile dell’Ufficio Vertenze del sindacato bergamasco, che ha condotto l’azione legale appoggiato dallo studio dell’avvocato Aldo Arena. Il lavoratore, 36 anni, era stato licenziato per aver tenuto un comportamento litigioso con il personale che lui stesso aveva il compito di formare.
La questione risale al 2013 . L’uomo, M.Z. le iniziali, da 5 anni dipendente dell’azienda della Valle Seriana, aveva perso il posto per l’ennesimo scontro con altri colleghi. I primi tre gradi di giudizio hanno dato ragione alle tesi del lavoratore, che ha sempre sostenuto di aver subito pratiche di demansionamento, ottenendo la reintegra in servizio. L’azienda ha infine fatto ricorso in Cassazione. Ma secondo la Suprema Corte, il comportamento del lavoratore non può essere considerato causa di licenziamento.
“Secondo la Cassazione – continua Catalano – è dunque sbagliata la tesi secondo cui, dimostrato il comportamento contestato, al dipendente spetta sempre e solo il risarcimento. Bisogna anche vedere se tale comportamento può definirsi illecito. Ebbene, se il lavoratore è semplicemente scontroso con i colleghi o con i clienti, dovrebbe essere punito solo con una sanzione conservativa e non con il licenziamento: in tal caso scatta la reintegra».
«Ma l’interpretazione della Suprema Corte – conclude Catalano – è andata ben oltre, visto che permetterà l’ampliamento della tutela normativa nei confronti dei lavoratori». La sentenza, come si dice in questi casi, fa dunque giurisprudenza.