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Riciclaggio di denaro: scoperto meccanismo tra Val Camonica, Sebino e Slovenia

Un “meccanismo circolare di ripulitura del denaro sporco” che partiva dalla Val Camonica e dal Sebino per arrivare in Slovenia, e poi tornare nuovamente in Italia. A scoprirlo i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Brescia, coordinati dalla Procura della Repubblica. L’operazione “Denaro pulito” ha portato a un decreto di sequestro preventivo per il reato di riciclaggio a carattere transnazionale di profitti derivanti dalla commissione di reati tributari in Italia e per altri reati economico-finanziari, per un totale di circa 1,3 milioni di euro nei confronti di sei bresciani. 

Due le fasi dell’attività di indagine. In un primo tempo, le Fiamme gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Brescia hanno accertato la commissione di reati tributari in Italia, consistenti nell’emissione da parte di uno degli indagati, imprenditore del Sebino, di fatture per operazioni inesistenti, utilizzate da due società della Val Camonica, operanti nel settore del commercio di metalli. I legali rappresentanti delle due società sono stati deferiti all’autorità giudiziaria per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. 

In una seconda fase, i finanzieri hanno approfondito le indagini al fine di ricostruire anche la destinazione ultima del profitto della frode fiscale, trasferito in Slovenia da parte dell’imprenditore sebino, presso locali istituti bancari. È stata così avviata un’attività di cooperazione internazionale con le autorità giudiziarie slovene, ricostruendo il “sistema di ripulitura”.

In sintesi, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il meccanismo prevedeva la commissione di reati tributari in modo continuato nel territorio bresciano, attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti per un importo complessivo pari a circa 1,5 milioni di euro. I profitti illeciti così accumulati venivano trasferiti in Slovenia a favore dei conti personali di tre degli indagati (soggetti contigui all’imprenditore sebino), tramite bonifici ricorrenti riportanti causali illogiche, in quanto attestanti pagamenti per fatture emesse da soggetti privati che non avevano partita Iva. In seguito, avveniva un ulteriore frazionamento di tali disponibilità dai conti correnti sloveni verso carte prepagate e ricaricabili slovene riconducibili agli stessi tre soggetti, attraverso ricariche riportanti causali generiche. Gli importi venivano infine monetizzati sul suolo nazionale, con conseguente rimpatrio degli stessi, mediante ripetuti prelevamenti in contanti presso ATM. 

La Guardia di finanza di Brescia evidenzia come «fosse stato messo in piedi un vero e proprio “meccanismo circolare di ripulitura del denaro sporco”, ideato dagli indagati al fine di reintrodurre in Italia il provento dei reati fiscali, dopo averne dissimulato, tramite ripetute ed ingenti movimentazioni bancarie, l’origine delittuosa». Di seguito un grafico che raffigura la “circolarità” del flusso di denaro oggetto di riciclaggio tra Italia e Slovenia.

Al termine delle indagini, le Fiamme Gialle bresciane hanno proceduto, tra Milano e l’area sebina, al sequestro per equivalente dei saldi attivi dei conti correnti degli indagati, di quote sociali, beni immobili e mobili e polizze assicurative riconducibili agli stessi, quale provento dei reati contestati. 

«Attività illecite come quelle dell’operazione “Denaro pulito”, mediante l’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, generano inaccettabili distorsioni nel ciclo economico, alterando i normali meccanismi di accumulo della ricchezza e di approvvigionamento delle fonti di finanziamento», sottolinea ancora la Guardia di finanza.

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