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Peracchi CGIL: «Fase 2 scaricata dalle regioni sulle nostre tasche»

Sul dibattito aperto in questi ultimi giorni in Lombardia, tra test sierologici a pagamento e rimpallo (estenuante e vano) di responsabilità gestionali tra centro e periferia di governo, ecco le riflessioni di Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo.

“Sembra di voler polemizzare a tutti i costi, ma non è possibile che sotto il cielo di Regione Lombardia, a distanza di mesi dall’esplosione della pandemia, ci sia ancora così tanta confusione. Sul piano generale assistiamo, da una parte, al tentativo di imputare al Governo centrale quasi tutte le responsabilità del disastro pandemico, e dall’altra a scaricarle sui sistemi delle autonomie, dei presidi socio-sanitari e degli operatori nel territorio. Tradotto in soldoni, solo per citare qualche esempio: la colpa è sempre del Governo se le chiusure o le riaperture, a seconda del momento, sono ritenute eccessive e inadeguate; e se i decessi nelle RSA sono stati troppi – pare dica la Regione – prendetevela con le direzioni di quelle strutture. Ci teniamo a ribadire che, nell’ambito della polemica e del rimpallo delle responsabilità tra centro e periferia, le competenze in materia di tutela della salute e organizzazione dei servizi e dei presidi sanitari è della Regione, dopo la modifica nel 2002 del titolo quinto della Costituzione. E questo livello di autonomia è stato più volte rivendicato ed enfatizzato in particolare dai livelli di governo lombardi che si sono succeduti nel tempo. Il che non esenta la compagine governativa nazionale dalla responsabilità di alcune inadempienze e lacune gestionali. Comunque oggi, in questo contesto, il Pirellone arriva a disciplinare, anzi a liberalizzare, gli screening sierologici nei laboratori privati autorizzati. Fino a settimana scorsa erano di fatto vietati in virtù di una sorta di monopolio concesso ad una sola società specializzata, Poi, improvvisamente liberi tutti, con i costi scaricati sulle tasche del privato cittadino o delle aziende. Ma non basta. Come è noto, l’analisi sierologica serve a verificare se si è contratta la malattia ma per avere la certezza che non si è più di contagiosi bisogna fare il tampone. E qui casca l’asino: anche i tamponi, salvo quelli previsti dai protocolli sanitari riservati prioritariamente al settore socio sanitario assistenziale, sono a pagamento, con un costo variabile tra i 90 e i 120 euro. E ancora, la possibilità di effettuarli, ancorché tardiva, è insufficiente perché mancano i reagenti necessari. Colpa di Arcuri, qualcuno osserva, ma la competenza degli approvvigionamenti degli strumenti diagnostici è in capo anche alla Regione. È pur vero che ci possono essere difficoltà nel reperire questi materiali, ma allora non si spiega come mai a Bergamo una prestigiosa associazione privata sia riuscita da sola a procurarsi il necessario per poi metterlo, encomiabilmente, a disposizione di Asst Bergamo est. Infine se una persona, dopo aver effettuato il sierologico, risultasse aver contratto la malattia dovrebbe mettersi in quarantena in attesa del tampone, con il rischio di un isolamento lunghissimo, con tutte le conseguenze sul versante dell’attività lavorativa, vista la carenza di tamponi. Se questa è la strategia lombarda per affrontare la fase due, scaricata sulle nostre tasche e rimessa alla discrezione delle aziende e dei privati cittadini, c’è di che preoccuparsi”.

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