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Bambini a scuola e Covid, come comportarsi

Tempo di incertezza per chi ha a che fare con bambini e ragazzi: pediatri, medici di famiglia, genitori, insegnanti. L’inizio della scuola richiede una particolare attenzione sul fronte Covid, ma spesso è difficile capire come comportarsi. Soprattutto perché regole e indicazioni dall’alto cambiano con una certa frequenza.

A Zero Pollici abbiamo provato, per quanto possibile, di mettere qualche punto fermo. Ci ha aiutato il dottor Fabrizio Zelaschi, pediatra di famiglia in alta Val Seriana. Un medico che è stato in prima linea durante i mesi duri dell’emergenza. Con lui abbiamo anzitutto cercato di capire come sono andati i mesi estivi. Come si è comportato il virus sul nostro territorio, in base a quello che ha potuto osservare nei suoi piccoli pazienti e nelle loro famiglie.

«I mesi estivi sono scivolati via senza grossi problemi – afferma il dottor Zelaschi -. Non abbiamo riscontrato molti bambini positivi. Io personalmente non ha avuto alcun bambino con un Covid conclamato. Anche dalla metà di agosto, quando in Italia sono aumentati i numeri, non abbiamo riscontrato nella nostra zona un incremento proporzionale ai dati italiani».

Da inizio settembre hanno riaperto gli asili nido, poi le scuole dell’infanzia, infine le altre scuole. «Queste prime settimane – evidenzia Zelaschi – sono state abbastanza pesanti, soprattutto dal punto di vista organizzativo. Anche perché le linee guida, i vari decreti, sono arrivate a molti addetti ai lavori sul filo di lana. Comunque ci sono tutti i presupposti per un inizio dell’anno scolastico in piena fiducia. Tutto è migliorabile, ci sono situazioni che andrebbero ritoccate. Però abbiamo buone indicazioni per quanto riguarda il distanziamento sociale, l’uso delle mascherine, la sanificazione. Abbiamo insegnanti molto preparati, che adesso hanno anche il fardello di essere considerati il primo baluardo contro la diffusione del coronavirus. Se tutti rispettiamo le regole, tutto finirà per il meglio. Sicuramente avremo dei casi, speriamo che siano localizzati e sicuramente non dovrebbero esserci problemi».

I problemi sembrano esserci sul fronte dell’informazione. Qui Zelaschi non risparmia qualche stoccata rispetto a come vengono comunicate certe decisioni. «Noi pediatri siamo vigili: tutti i giorni leggiamo i quotidiani, dal momento che alcuni giornali, anche locali, sembrano diventati l’oracolo della Regione Lombardia e dell’Ats. Noi attingiamo qui le notizie perché non ci vengono date informazioni, non dico in tempo reale, ma quantomeno rapide. Non voglio essere polemico, il problema è che ci sono cose che non stanno funzionando. Siamo soli sul territorio. Lavoriamo con la nostra pila, il nostro fonendoscopio, il nostro buon senso e, soprattutto, con la fiducia dei genitori che per noi è la cosa più importante».

Con il dottor Zelaschi abbiamo cercato anche di aiutare le famiglie con piccoli consigli pratici, ponendo le domande che molti genitori si fanno: quando non bisogna mandare assolutamente i figli a scuola o all’asilo? Se un bambino, o un ragazzo, ha febbre sopra i 37,5° cosa devono fare i genitori? Se un bambino, o un ragazzo, risulta positivo al coronavirus, cosa succede? In caso di raffreddore o tosse, senza febbre, come bisogna comportarsi? Nel caso non ci sia febbre, ci sono sintomi che possono far scattare un campanello d’allarme e far sospettare un caso di positività al coronavirus? Ma è vero che i bambini più piccoli sono meno contagiosi? Se un bambino risulta positivo è difficile, per non dire impossibile, metterlo in isolamento: ci sono delle piccole attenzioni che i genitori possono avere per evitare di essere contagiati a loro volta?

Nel video, le risposte. Una precisazione: l’intervista è stata registrata prima che il Ministero della Salute emanasse la circolare del 24 settembre.

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