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Un libro dedicato alla tradizione del Venerdì Santo a Vertova

Una tradizione iniziata quasi trecento anni fa, recentemente interrotta solo dalla pandemia. La rappresentazione del Venerdì Santo a Vertova ha una lunga storia alle spalle. La racconta un libro pubblicato da poco, curato da Franco Irranca.

«Su Vertova ho scritto diversi libri, toccando diversi aspetti – racconta Irranca nell’intervista andata in onda a Target che trovate nel video in testa all’articolo -. Il Venerdì santo mi ha interessato in modo particolare anche perché uno studio specifico su questa tradizione mancava. Ho effettuato una ricerca, trovato dei documenti e, infine, messo insieme il materiale raccolto».

Il libro, presentato in questi giorni a Vertova, è diviso in quattro parti. La prima presenta alcune note storiche sulla tradizione. La seconda si sofferma sulla rappresentazione oggi. La terza è dedicata ai personaggi del dramma. La quarta, infine, propone documenti e immagini fotografiche.

La rappresentazione è molto conosciuta e fino al 2019, quando si è svolta per l’ultima volta, ha attirato sempre molta gente, anche da fuori paese e oltre la Val Seriana. «Si svolge in due momenti distinti anche se collegati e strettamente congiunti – scrive Irranca nel libro -: la deposizione del Cristo crocifisso dalla Croce nella prepositurale e il trasporto della statua fantoniana deposta su un cataletto lungo le vie del paese in un corteo di cui fanno parte, oltre agli stessi personaggi protagonisti della Deposizione, associazioni locali e il popolo dei fedeli».

Sono i figuranti con i loro costumi a rendere particolarmente suggestiva la rappresentazione. I Giudei, le Picche, i soldati romani, il Crusù e il Cireneo ne fanno un unicum nel panorama delle tradizioni legate al venerdì santo. C’è poi la peculiarità del Cristo fantoniano con le braccia snodabili.

Monsignor Andrea Paiocchi, che firma la premessa al volume, sottolinea nel servizio di Antenna2: «Uno dei rischi che corriamo noi oggi è quello di ridurre la fede a qualcosa di intellettuale e astratto, mortificando l’aspetto del sentimento. Il fatto di proporre una rappresentazione della passione di Gesù è dunque molto positivo perché aiuta la fede. La quale non è mai disincarnata».

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