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La sfida dell’Intelligenza artificiale: quale futuro per i lavoratori?

Quali possono essere gli effetti dell’Intelligenza artificiale sul mondo del lavoro, sul settore metalmeccanico in particolare? Se ne è parlato in un incontro promosso dalla Fim Cisl di Bergamo a Zanica, dove si sono confrontati sindacalisti, industriali e docenti universitari.

In una recente indagine condotta a livello nazionale dalla Fim, quasi la metà dei lavoratori intervistati vede con favore la digitalizzazione, ma quattro su dieci temono un impatto negativo sull’occupazione. Dalla lettura dei dati emerge un quadro in cui la consapevolezza dei vantaggi della transizione digitale convive con i timori per un impatto negativo sul lavoro.

Il 66 per cento del campione ha dichiarato di avere una conoscenza piena di cosa sia un progetto di digitalizzazione e un altro 21 per cento ha dichiarato di averne una conoscenza medio-bassa. Coloro che si dichiarano totalmente favorevoli a convertire fasi del processo lavorativo da manuali ad assistite da computer o totalmente realizzazione da dispositivi digitali sono il 48 per cento, dato che se sommato agli abbastanza favorevoli e a coloro che considerano al digitalizzazione un processo ineluttabile evidenzia una generale apertura alle nuove tecnologie. Quando però si parla dei rischi che potrebbero derivare dall’introduzione dei processi digitali nelle aziende, il giudizio dei lavoratori intervistati si fa più problematico: per il 40 per cento la digitalizzazione potrebbe comportare un impatto negativo sui livelli occupazionali, per il 30 per cento degli intervistati il rischio sarebbe quello di una perdita di reddito, mentre il 15 per cento teme l’obsolescenza delle competenze e un altro 5 per cento un possibile aumento delle discriminazioni sui luoghi di lavoro.

«Negli ultimi anni, nella nostra provincia molte aziende hanno investito in tecnologia e innovazione – ha detto Luca Nieri, segretario generale della Fim Cisl di Bergamo -. Una sfida richiesta dal mercato, essendo le nostre fabbriche posizionate in un mercato globale e spesso punto di riferimento per molti settori. Oggi il grosso problema riguarda le competenze dei lavoratori. Ci si è dimenticati di investire sulle risorse umane e oggi esistono richieste che non vengono evase proprio per mancanza di competenze specifiche. Dobbiamo riscoprire e mettere al centro il valore della persone investendo in un processo continuo di formazione sia per questa sfida, ma anche in prospettiva futura».

Il mercato del lavoro, è emerso da dibattito, è scosso da tensioni e cambiamenti. Da un lato emergono nuovi lavori e nuove professioni che cambiano le competenze richieste ai lavoratori, dall’altro le imprese devono affrontare crescenti difficoltà nel reperimento delle risorse umane di cui hanno bisogno.

«Intelligenza artificiale, industria 5.0 e altre sigle importanti sono da portare nelle medie e piccole imprese, perché il mercato ce lo sta chiedendo – è il messaggio di Gianluigi Viscardi, presidente Cluster Fabbrica Intelligente e Consorzio Intellimech -. Ci chiede di essere veloci, anche a scapito di produrre un pezzo in meno. Ci servono fabbriche moderne e veloci, flessibili e riconfigurabili: è importante l’automazione e il capitale umano, che deve essere al centro della fabbrica. Queste cose devono portare valore alle imprese: se non si è tutti sulla stessa linea rischiamo di non essere al passo con i tempi. Questa cultura ancora manca nel tessuto industriale bergamasco, soprattutto tra le piccole e medie aziende».

Lo sguardo degli “intellettuali” presenti al tavolo della discussione ha permesso anche di aprire altri orizzonti di discussione.

«Ciò che può portare di buono nel settore manifatturiero – ha sostenuto Luciano Pero, docente del Politecnico di Milano – è di implementare le possibilità di alcune macchie che possano dare alle attività del lavoratore un ulteriore supporto più evoluto dei sistemi attuali. Ma l’impatto della parte umana deve essere sempre preponderante se non si vuole che IA sostituisca definitivamente la manodopera. L’intelligenza umana deve sempre avere il sopravvento, anche se l’industria manifatturiera fortunatamente è più difficilmente aggredibile dall’intelligenza artificiale».

Per Stefano Biancu, docente alla Lumsa di Roma, «le macchine “vogliono” fare scelte a nome nostro: perciò è fondamentale una riflessione etica, e industria 5.0 si propone il grande ideale di porre l’industria a servizio di questo compito che ha ciascuno di noi di diventare, o restare, umano. L’intelligenza Artificiale come può sostenere l’industria 5.0? non sostituendo gli esseri umani. Dobbiamo cercare di non delegare alla macchina ogni scelta; dobbiamo assumerci la responsabilità della libertà di scelta. IA può comportare grandi perdite di competenze, e questo ci deve impegnare a stravolgere questa prospettiva».

«Ogni avanzamento tecnologico presenta la possibilità di crescita – ha concluso Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim – e quindi per noi è importante cogliere aspetti che possano dare slancio e favorire l’occupazione. LIntelligenza artificiale rappresenta anche incognite e rischi: nel nuovo contratto nazionale abbiamo inserito temi per evitare forme di discriminazione o di selezione del personale che sfuggano ai vincoli, alle leggi e ai diritti conquistati. Abbiamo di fronte una sfida importante, e come sindacato ci saremo per le risposte che serviranno: ci sono opportunità che potrebbero andare spese nella trattativa per il prossimo contratto nazionale».

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