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LUGNET – Lugnet

Non accenna a diminuire il ritorno delle tipiche sonorità dei gloriosi anni ’70, epopea che ha segnato in maniera importante il mondo del rock nei decenni successivi. Sull’onda di questo recupero di dette sonorità si inserisce anche il debut album degli svedesi Lugnet, guidati dal cantante Roger Solander, già visto nella band di Ken Hensley degli Uriah Heep.

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Si parte subito in quarta con “All The Way”, gran pezzo di hard rock fumante con un gran lavoro della coppia Holten/Jansson alle chitarre e che rimanda ai Whitesnake del periodo più blues, mentre con “Sails” è la voce di Roger Solander ad illuminare la scena, un timbro il suo che ricorda un grande del passato come Ray Gillen dei Badlands. “Veins” paga il suo tributo ai Black Sabbath del periodo Tony Martin,  mentre “Tears in the Sky”, grazie anche al lavoro dell’ospite Bruno Erminero all’organo hammond, è uno splendido omaggio ancora ai Whitesnake degli esordi con un Solander da applausi a scena aperta. Come singolo del disco è stata scelta “It Ain’t Easy”, graffiante rock song sulla scia dei Rival Sons che si avvale di un bel video clip in cui la parte della protagonista è appannaggio di Christina Lindberg, l’attrice svedese preferita da Quentin Tarantino. “In The Still of the Water” è una cavalcata dai suoni “grossi” che potrebbe ricordare i Down di Phil Anselmo, ma il botto arriva con l’ultimo pezzo in scaletta: “Into The Light” è una piece di 10 minuti in cui si mischiano Deep Purple, Rainbow e Uriah Heep, un tripudio di colori e suoni che mette la parola fine ad un lavoro molto interessante. Per gli amanti delle sonorità dei gruppi citati un acquisto obbligatorio.

 

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