Ne è passato di tempo da quando tre ragazzi di Escatawpa (Mississippi) decisero di formare una band prendendo il nome da una scritta su un muro. “Us And The Night” è infatti il sesto album per il quintetto americano che soprattutto in patria ha ormai raggiunto lo status di “big-band”.
I numeri di vendita dei loro precedenti dischi sono infatti molto alti negli States ma meno nel resto del mondo, Europa compresa, questo probabilmente per due motivi, ovvero un certo suono poco accostabile a qualsiasi altro gruppo di successo e una certa filosofia da “american dream” che ha decisamente molto più presa sul pubblico statunitense che in quello del resto del mondo. Se è vero infatti che la band viene accostata al genere del “post-grunge” venendo paragonata spesso a gruppi quali Nickelback e Alter Bridge, giusto per fare due nomi, è altrettanto vero che disco dopo disco i nostri hanno trovato la propria formula che li rende difficilmente accostabili ad altri gruppi contemporanei. Questo dal mio punto di vista rende i 3 Doors Down una delle realtà più interessanti dell’attuale panorama rock a stelle e strisce, e questo nuovo lavoro lo conferma in pieno. Si parte con “The Broken” , tre minuti scarsi per mettere subito in chiaro cosa troveremo nel disco: riff di chitarra mai troppo aggressivi, ottime melodie e il “solito” ( in senso buono ) cantato di Brad Arnold, uno che spesso riesce ad imprimere il proprio marchio non appena parte la prima strofa. Di seguito troviamo i due singoli finora estratti dall’album: “In the Dark” è un pezzo molto orecchiabile con un ottimo cantato di Arnold mentre “Still Alive” è decisamente più diretto e ricorda le prime cose della band. “Believe It” è un’ altra ottima canzone, con tematiche “leggere” ma con evidenti richiami al classico sogno americano di cui parlavamo prima e con un break centrale molto riuscito. Come da tradizione non manca la ballatona che tanta fortuna ha portato in passato ai 3 Doors Down: “Inside of Me” è terreno ideale per il cantato sofferto ed emozionale di Arnold, vero punto di forza di tutto il disco. E se “I Don’t Wanna Know” ha una andamento quasi “latino” nel suo incedere, “Living In Your Hell” e la title track sono altri due esempi di ottimo rock a 360 gradi. Chiusura affidata a “Fell From The Moon” che con il suo feeling quasi anni ’50 ci regala un’altra prova maiuscola di Arnold in un brano che prevede l’uso copioso di pianoforte e chitarre acustiche. Menzione necessaria per l’ottimo lavoro di produzione/mixaggio affidato alla coppia Matt Wallace/ Chris Lord Alge, valore aggiunto di un disco che non deluderà chi ama ascoltare rock senza troppe barriere.