Album of the week

DIRTY SHIRLEY – Dirty Shirley

Sono davvero numerosi i progetti messi in piedi in questi ultimi anni dallo storico chitarrista dei Dokken e Lynch Mob, George Lynch, progetti quasi tutti concretizzati sotto la supervisione della Frontiers Records, etichetta italiana ormai da anni leader nel settore mondiale in campo hard rock e dintorni.

Per questo nuovo progetto l’etichetta italiana ha voluto affiancare al grande George il cantante croato Dino Jelusick, che si è fatto notare negli ultimi anni con la sua band, gli Animal Drive, e per la partecipazione ad un altro progetto di successo, la Trans-Siberian Orchestra. Avendo avuto occasione anche di vedere Jelusick dal vivo con gli Animal Drive ero molto curioso di poter sentire questo disco, visto che live il giovane cantante croato mi aveva impressionato per potenza e personalità, cosa peraltro emersa anche sull’ep pubblicato dalla stessa band qualche mese orosono e che vedeva Jelusick alle prese con classici targati Skid Row, Whitesnake e Warrant. Si comincia con “Here Comes The King”, fiammeggiante hard rock tra Whitesnake e ultimi Lynch Mob con Jelusick che subito si rende protagonista di una prestazione 5 stelle, ben assecondando Lynch nelle sue scorribande, un inizio in grande stile insomma. A seguire troviamo “Dirty Blues”, classico pezzo di Lynch in cui si erge a protagonista Will Hunt, batterista già con Evanescence, Black Label Society e….Vasco Rossi. “I Disappear” è un pezzo molto particolare, dall’andamento quasi alla Alter Bridge o alla KXM , altro progetto di Lynch votato a cose decisamente più alternative. Molto più melodico è “The Dying”, brano che permette a Jelusick di esprimersi al massimo delle sue potenzialità, qui Lynch si permette un solo di chitarra acustica breve ma efficace. Da segnalare sono sicuramente anche “Last Man Standing” con un riff “lynchiano” al 100 % e “The Voice of a Soul”, un bell’hard blues di 7 minuti tra Badlands e Lynch Mob, Jelusick in pezzi come questi è davvero il degno erede dei grandi nomi del passato. Sulle stesse coordinate si muove anche “Escalator to Purgatory” , mentre “Siren Song” è la canzone più veloce dell’intero lavoro, in cui troviamo anche un hammond a duellare con la chitarra di Lynch. Che dire, non sempre i progetti assemblati in studio funzionano, ma in questo caso direi che l’unione di due fuoriclasse ha partorito un disco solido, ben suonato e che si candida fin da ora come una delle uscite più interessanti di questo 2020, appena iniziato ma già in grado di regalarci dischi come questo.

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