Chi segue attentamente la scena glam/punk mondiale avrà di certo già sentito nominare i The Ghost of Lovers, quintetto inglese attivo tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90. A distanza di tanti anni dallo scioglimento della band avvenuto nel 1991, ecco finalmente pubblicate le registrazioni effettuate tra il 1990 e il 1991 in due differenti studi londinesi con l’aggiunta di alcuni pezzi live.
La band era formata dal cantante Kevin Mc Donald, dai chitarristi Guy Bourseau e Steve Perry, da Kevin Sargent al basso e da Steve Pegrum alla batteria. Partendo da una solida base formata da New York Dolls, Hanoi Rocks e Lords of the New Church il quintetto londinese ebbe la capacità di fondere queste influenze con una personalità ben definita e uno sguardo ai connazionali The Dogs D’Amour, band con la quale i nostri condividevano l’amore per una certa decadenza di fondo. Anche l’immagine stessa della band lasciava pochi dubbi riguardo la proposta musicale, un look a metà tra il decadente ed il glam. Sono ben 15 le canzoni che troviamo in questo disco postumo, 11 da studio e quattro dal vivo, le prime tre registrate nel 1990, altre 8 nel 1991 e le quattro dal vivo in due differenti studi tra il 1990 e il 1991. Si parte con “Tonight”, rock’n’roll sguaiato alla New York Dolls, seguito da “Iona” in cui l’amore per gli Hanoi Rocks e i Lords of the New Church emerge con prepotenza, un bellissimo brano di glam/punk decadente raccontato dalla suadente voce di Mc Donald. “Don’t Be Afraid” ricorda i Dogs D’Amour degli inizi, mentre la successiva “So Lonely” ci teletrasporta in qualche fumoso club londinese di inizio anni ’90. Si prosegue con altri due pezzi di buona fattura come “The Light of My Sanity” e “”Another Time” che fanno da preludio a “Sweet Sensitive Young Thing”, molto vicina alle cose fatte da solista dal cantante dei Dogs D’Amour Tyla, pezzo intriso di quella malinconia tipica di quel periodo. Da ascoltare sicuramente anche “Souls on Fire” introdotta da un bel giro di basso e da un cantato ipnotico di Mc Donald e “That Girl”, che per un attimo mi ha fatto pensare ai Cult dei primi dischi. Le quattro tracce dal vivo, anche per una qualità sonora non eccelsa, non aggiungono molto a quanto già detto, risultando comunque un valore aggiunto di un disco che ha il merito di rendere giustizia ad una band che ha raccolto davvero poco rispetto a quello che avrebbe potuto essere. L’album è dedicato al chitarrista Guy Bourseau, prematuramente scomparso nel 1998 per un male incurabile.