Album of the week

THAT ROCK GUY – Nothin’ To Lose

Dietro il nome That Rock Guy troviamo non una band vera e propria ma il progetto di questo polistrumentista australiano che di fatto oltre a cantare si occupa di tutti gli strumenti. Pur non essendo io un fan di questo tipo di progetti, preferendo di fatto sempre una band effettiva, bisogna riconoscere che “Nothin’ To Lose” è comunque un prodotto interessante.

Realizzato in diversi studi tra Germania, Olanda e Giappone, l’album è stato poi mixato e masterizzato dalla coppia svedese Erik Wiss/Thomas Johansson e pubblicato dall’etichetta tedesca AOR Heaven. Si comincia con “Superstar”, pezzo che ricorda molto il primo Bon Jovi, quello dei primi 3 dischi, anche se la voce è meno melodica ma più graffiante, caratteristica questa che ritroveremo durante tutta la durata del disco. “Your Dreams Are Keeping Us Together” si muove in territori melodic hard rock e ci da modo di apprezzare le doti come chitarrista del musicista aussie, con un lungo solo centrale di sicuro impatto. “Through The Night” è ottantiana fino al midollo, mentre “One Shot In A Million” è sicuramente uno dei momenti migliori del disco, party rock’n’roll che ci catapulta direttamente sul Sunset Strip dei tempi gloriosi. “Never Gonna Say Good-Bye” è la ballatona che non brilla per originalità, molto meglio “Bring On The Night”, pezzo che sembra uscito da un disco di metà anni ’80 di Bryan Adams o John Kilzer. “Can’t Get Enough Of You ” ci mostra il lato più heavy del disco, ma preferisco sicuramente la title track, ottimo pezzo di melodic hard rock che sfocia in un ritornello ancora una volta vicino ai Bon Jovi degli esordi. La seconda ballata del disco è “Without You” e si fa preferire alla precedente perchè meno scontata e dotata di un bel solo. Chiusura con “Land Of The Rising Sun” non troppo distante dagli Harem Scarem più sbarazzini e ottantiani. Un album che mi sento di consigliare agli amanti delle band sopra citate, probabilmente una produzione più “ricca” avrebbe permesso al disco di guadagnare almeno un paio di step in più ma va comunque apprezzato il contenuto, decisamente meno contato o standardizzato di molte band, soprattutto scandinave, che inflazionano la scena melodic rock attuale.

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