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Diabete ko, il ricercatore è di Gandellino

Paolo Fiorina

C’è anche un po’ di Valle Seriana nello straordinario risultato ottenuto dai ricercatori del Centro di Ricerca Pediatrico “Romeo ed Enrica Invernizzi” dell’Università di Milano, in collaborazione con il Boston Children’s Hospital e la Harvard Medical School. A dirigere il centro c’è infatti Paolo Fiorina, professore Associato di Endocrinologia dell’Università, originario di Gandellino.

I ricercatori del centro milanese sono riusciti a ottenere la remissione del diabete di tipo 1 nei topi tramite l’infusione di cellule staminali ematopoietiche ingegnerizzate, cioè modificate in laboratorio, per aumentare la sintesi di PD-L1, una proteina che gli autori hanno dimostrato essere carente nelle staminali ematopoietiche di soggetti affetti da diabete di tipo 1. Le cellule somministrate hanno fermato la reazione autoimmune in modelli murini di diabete e in modelli ex vivo in cui sono state usate cellule umane.

I risultati sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Science Translational Medicine, una delle più prestigiose in ambito di medicina sperimentale. «Con la somministrazione di queste cellule il sistema immunitario viene rimodellato – spiega il professor Paolo Fiorina -. Lo studio mostra come le cellule staminali, trattate e successivamente iniettate nel topo, siano in grado di migrare nel pancreas, sito in cui sono contenute le isole pancreatiche che producono insulina. In tutti i topi trattati il diabete è stato completamente curato e un terzo di loro ha mantenuto la normoglicemia per una lunga durata. La proteina PD-L1 è stata ripristinata sia tramite terapia genica che usando un approccio farmacologico con molecole di piccole dimensioni».

Già in studi precedenti si era tentato di utilizzare nuove strategie immunoterapeutiche per fermare l’attacco autoimmune alle cellule insulari e curare così i pazienti affetti da diabete di tipo 1. Le terapie utilizzate finora, tuttavia, non si sono dimostrate efficaci nel bloccare l’avanzamento della malattia. Il trapianto autologo di cellule del midollo osseo – vale a dire l’infusione di cellule staminali ematopoietiche provenienti dal paziente stesso per ricostituire il proprio sistema immunitario – è stata efficace per alcuni pazienti, ma non per tutti quelli trattati.

«Le cellule ematopoietiche hanno effettivamente capacità immunoregolatorie ma sembra che nei topi e negli esseri umani affetti da diabete queste proprietà siano compromesse – continua il professor Fiorina -. Abbiamo scoperto che nel diabete le cellule staminali ematopoietiche sono difettose e ciò contribuisce all’instaurarsi di uno stato infiammatorio, che si associa all’insorgenza della malattia diabetica».

Lo studio sui topi

Utilizzando un virus come vettore, i ricercatori hanno introdotto nelle cellule ematopoietiche un gene sano per la sintesi di PD-L1 e le hanno infuse in topi diabetici, determinando la remissione della malattia. Il gruppo ha inoltre ipotizzato che lo stesso effetto potrebbe ottenersi anche trattando le cellule con un “cocktail” di tre molecole: interferone beta, interferone gamma e acido polinosinico-policitidilico. «La forza di questo approccio – aggiunge il professor Fiorina – è la virtuale mancanza di possibili controindicazioni, poiché con questo metodo si andrebbero ad utilizzare cellule provenienti dai pazienti stessi».

Sarà necessario effettuare ulteriori studi per determinare la durata degli effetti di questa nuova terapia cellulare, nonché la frequenza di somministrazione del trattamento. Il Professor Fiorina e colleghi, in collaborazione con gli scienziati del Fate Therapeutics (San Diego, California), stanno lavorando per ottimizzare il “cocktail” di molecole utilizzato per modulare le cellule staminali ematopoietiche, mentre sono in corso contatti con la Food and Drug Administration al fine di ottenere il sostegno per la conduzione di uno studio clinico per il diabete di tipo 1.

Per saperne di più su Paolo Fiorina leggi questo articolo di MyValley.

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