“Traces” è il terzo album solista per l’ex cantante dei Journey, e giunge dopo ben 24 anni dal precedente, e ad essere sinceri, anche abbastanza inaspettatamente. Non è infatti un mistero che molti davano ormai per ritirato dalle scene il buon Steve, anche se negli ultimi mesi si erano fatte sentire voci su un suo possibile ritorno alla casa madre. Voci poi seccamente smentite dallo stesso Perry proprio in occasione del lancio di questo suo disco solista.
Non credo ci sia davvero bisogno di ricordare l’importanza che ha avuto la voce di Perry nella storia della musica rock, insieme appunto ai Journey ha scritto alcuni dei più bei dischi che la storia del rock melodico ricordi, punto di partenza per migliaia di band che nei decenni successivi si sono ispirate ai capolavori come “Escape” o “Frontiers” giusto per citarne un paio. “Traces” viene pubblicato dalla Fantasy Records, etichetta nata negli anni ’50 come label prettamente jazz, che poi nel corso degli anni ha ampliato il suo catalogo partendo per esempio dai Creedence Clearwater Revival alla fine degli anni ’60 e arrivando ad oggi ad avere artisti, tra gli altri, come Gov’t Mule, Seether, Tedeschi Truck Band e appunto Steve Perry. Detto che la produzione ( ottima ) del disco è a cura dello stesso Perry, bisogna anche dire che per realizzare questo disco il buon Steve si è circondato di musicisti di grande talento, tra cui ricordiamo Nathan East, Josh Freese, Vinnie Colaiuta e Thom Flowers. Basterebbe probabilmente la prima canzone “No Erasin”a dare il massimo dei voti a questo ritorno, un brano magnifico , che non può non ricordare i migliori Journey, che ci riconsegna Perry a livelli d’eccellenza, la sua voce è ancora calda, appassionata e l’arrangiamento di classe superiore fa il resto. “We’re Stiil Here” è un affresco notturno di grande valore, arricchito dall’uso di strumenti ad archi che rifiniscono la canzone in modo eccellente, e in cui spicca l’ottimo lavoro dei chitarristi Thom Flowers e Brian West. “Host of All” è una ballata costruita per piano e voce in cui Perry è realmente da brividi, come peraltro anche nella successiva “No More Cryin'”, dalle tinte molto soul che potrebbe ricordare qualcosa del Michael Bolton degli ultimi anni. “Sun Shines Gray” ha un piglio molto sbarazzino che culmina in un ritornello di facile presa. In “You Belong To Me” tornano gli archi per una ballatona che pare figlia diretta di un pezzo come “Open Arms”, tipologia di canzone in cui Perry è un assoluto fuoriclasse. A sorpresa poi verso la fine del disco arriva la cover di “I Need You” dei Beatles…risultato ? Eccellente ovviamente…che dire, ho letto che qualcuno lamenta una presenza troppo massiccia di brani lenti, beh, non so esattamente cosa si aspettassero da un signore di quasi 70 anni che ha fatto del rock melodico la sua vita, ma tranquilli, c’è sempre tempo per un altro disco di qualche iper sopravvalutata band svedese, per gli altri la goduria è assicurata con “Traces”.