Chi segue il mondo del southern rock ha da tempo ormai capito una cosa: i Blackberry Smoke sono in assoluto la band destinata a raccogliere il testimone dei grandi gruppi del passato, sia quelli che ormai hanno mollato, sia quelli che si avvicinano al termine della corsa, Lynyrd Skynyrd su tutti ovviamente.
Giusto ricordare che la posizione ormai raggiunta dal quintetto di Atlanta è frutto soprattutto di una incessante attività live che li ha portati negli ultimi anni a suonare qualcosa come 200 e passa concerti all’anno, una media altissima se paragonata alla normalità dei tour dei giorni nostri. E allora quale miglior modo di celebrare questi risultati se non con un disco dal vivo registrato a casa propria, al Tabernacle di Atlanta, di fronte al pubblico che li ha visti crescere e diventare appunto una delle band più amate del genere. Doveroso anche ricordare che questo concerto è un avvenimento fisso annuale per la band, che in questa occasione raccoglie fondi per aiutare diversi progetti legati al problema del cancro tra i bambini, cosa che ovviamente fa enormemente onore a Charlie Starr e compagnia. La tracklist del disco è incentrata in modo corposo sull’ultimo lavoro da studio dei nostri, “Find a Light”, e questa non è sicuramente una sorpresa visto che i Blackberry Smoke sono una di quelle band che amano fare dischi nuovi per poi proporli anche dal vivo e non certo usarli come pretesto per fare un tour dove poi suonare i “soliti” pezzi classici. E allora spazio alle varie “Flesh And Bone”, “Run Away From It All”, “Medicate My Mind” e alla bellissima “Beat Seat In The House”, uno dei miei pezzi preferiti del nuovo disco. Notevoli anche “I’ll Keep Ramblin’” e “Mother Mountain”, dove davvero lo spirito delle grandi southern rock band del passato torna a vivere, e dove le versioni live come spesso accade ai nostri superano quelle da studio per intensità e feeling che la band riesce a trasmettere. Non mancano ovviamente quelli che nel tempo sono diventati i classici dei BBS come “Waiting For The Thunder” e la sempre emozionante “Pretty Little Lie”, intrisa di quella malinconia di fondo che molte delle canzoni del quintetto di Atlanta portano in dote, facendone uno dei trademark del proprio suono. Non mancano neanche il rock’n’roll di “Let It Burn” e la hit “One Horse Town” estratta da quello che a livello di vendite è il loro disco migliore, ovvero “The Whipoorwill”, che è fortemente rappresentato con altre canzoni quali “Sleeping Dogs”, “Ain’t Got The Blues” e “”Ain’t Much Left On Me”. Se proprio dovessi trovare un piccolo difetto al disco è quello di non avere in scaletta neanche un pezzo del loro capolavoro “Little Piece if Dixie”, peraltro ampiamente saccheggiato nel precedente disco dal vivo “Leave a Scar Live” del 2014.