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«Per commercio e turismo una crisi senza precedenti»

La “Zona Rossa” in Lombardia arriva in un momento già delicatissimo per migliaia di negozi e pubblici esercizi sul territorio. I numeri sono impressionanti sia sul fronte delle richieste di ammortizzazione sociale, sia su quelli delle contrazioni nelle vendite e dei lavoratori coinvolti.

«Numeri dietro ai quali ci sono vite e volti di persone. Per questo sono necessarie scelte non ordinarie – osserva Mario Colleoni, segretario generale della Filcams Cgil di Bergamo. L’emergenza Covid-19 ha avuto ricadute molteplici sul comparto del commercio e dei servizi: tanti sono i lavoratori e le lavoratrici impegnati nella grande distribuzione che hanno passato mesi di turni massacranti in attività che hanno garantito la filiera alimentare e dei consumi di prima necessità. Di contro, abbiamo assistito alle drammatiche difficoltà di settori completamente travolti dal lockdown: ristorazione, turismo, attività ricettive e le attività commerciali non alimentari».

Oggi nel terziario sono innumerevoli le aziende che hanno richiesto l’utilizzo di ammortizzatori sociali e che continueranno a richiederli. Per i settori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo e degli studi professionali, nei quali operano fra Bergamo e provincia ben più di 100.000 persone, sono state in questi mesi ben più di 2.500 le richieste di ammortizzazione sociale per altrettante aziende, negozi, imprese. La stima dei dipendenti coinvolti è superiore ai 40.000.

«Il problema dei cosiddetti working poors, cioè di chi, pur lavorando, ha un reddito fragilissimo, oggi è enorme, anche nella nostra categoria. Siamo concentrati sul contare il numero di lavoratori occupati, non considerando che la maggioranza di loro vivono comunque una condizione di difficoltà, malgrado abbiano un posto».

«La contrazione – prosegue Colleoni – si sta rivelando poi particolarmente violenta per il settore del turismo e per la filiera ad esso collegato, che ha subìto i contraccolpi più immediati ed evidenti. Ma accanto al turismo, sono il commercio e i servizi a rischiare le ricadute più importanti se non ci saranno interventi sistemici adeguati. Sono questi i settori che vivono e crescono in stretto collegamento con la dimensione del potere d’acquisto dei cittadini e la cui vita sarà condizionata dalla contrazione dei consumi interni, così come dalle paure».

«Prendiamo ad esempio il settore dell’abbigliamento, in grave crisi: sono più di 11 mila i negozi in Lombardia che hanno subito una contrazione delle vendite superiore al 40%, negozi nei quali lavorano decine di migliaia di persone. Sarà fondamentale tutelare queste lavoratrici e questi lavoratori non solo con ammortizzatori sociali ma anche con politiche formative ed economiche lungimiranti che consentano loro di poter mantenere o ritrovare un lavoro a breve termine. La contrazione dei consumi interni renderà ancora più importante il ruolo delle esportazioni e con esse la necessità di attivare serie politiche attive per convertire coloro che nel terziario non riusciranno più ad operare».

D’altro canto, è sotto gli occhi di tutti il nuovo boom dell’e-commerce, ‘favorito’ dalle limitazioni di movimento a cui il mondo è sottoposto. «Per avere la misura del fenomeno, basti pensare che perfino la logistica di Amazon, finora esempio di meccanismo pressoché perfetto, è andata in crisi. In questi settori oggi si assume personale. La predisposizione agli acquisti online in questo nuovo lockdown aumenterà, per questo sarà fondamentale che molte piccole e medie realtà del commercio differenzino i canali tramite i quali propongono prodotti. Il Covid non è altro che un acceleratore di questi processi e le realtà che non hanno investito e non investiranno in piattaforme digitali avranno molte più probabilità di uscire dal mercato».

«Quello che oggi serve per l’intero settore del terziario – conclude Colleoni – è un piano straordinario di rilancio degli investimenti, soprattutto in settori ad alto valore aggiunto (es. terziario avanzato) e che garantisca la continuità produttiva in comparti strategici per l’occupazione e l’economia del nostro Paese. Andrebbero finanziati progetti in grado di aumentare la capacità di produrre ricchezza, realizzabili sul breve medio termine, e  processi di conversione delle competenze. Gli investimenti sul digitale che saranno necessari presupporranno politiche formative adeguate rivolte a tutti e soprattutto a coloro che nei settori del terziario classico non potranno restarci a lungo. Una parte centrale della transizione sarà legata ai cambiamenti dei processi produttivi che dovranno essere resi sempre più sostenibili in termini ambientali».

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