Si avvicina la cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza Coronavirus e si alzano le voci di chi chiede di tornare a riaprire le chiese per le messe (naturalmente con le dovute precauzioni).
Il Popolo della Famiglia della Provincia di Bergamo rivolge un appello alle autorità amministrative locali e agli eletti a tutti i livelli del territorio: «Con gli opportuni distanziamenti e misure di protezione, la Fase 2 deve riguardare anche la libertà di riprendere le funzioni religiose di tutti i culti sul nostro territorio e in tutto il Paese. Non basta la promessa del ministro Lamorgese di far svolgere i funerali con la sola presenza dei parenti stretti: se nei prossimi 20-25 giorni riapriranno addirittura i negozi e i ristoranti, reclamiamo come cittadini credenti anche la ripresa delle funzioni religiose di qualunque culto, con tutta la necessaria prudenza», si legge in un comunicato del Popolo della famiglia della provincia di Bergamo, a firma del referente Massimo Dal Passo.
Il presidente nazionale del Popolo della Famiglia, Mario Adinolfi, sottolinea la richiesta in tal senso del presidente della Cei: «Il cardinale Bassetti con una lettera ha chiaramente avanzato presso il governo un proposito netto. Il governo e Giuseppe Conte in primis, i tanti esponenti che nell’esecutivo si dichiarano cattolici, non facciano orecchie da mercante. La domanda di accesso alle messe nella ordinaria dimensione comunitaria è, come ha ben detto anche il portavoce della Cei don Ivan Maffeis, una necessità che serve alla coesione sociale. Riaprire tutto e lasciare il divieto solo di andare a scuola e andare a messa (o partecipare a qualunque altra funzione di qualsiasi culto) appare a milioni di famiglie italiane come una scelta governativa incomprensibile, dettata da logiche che vedono solo l’economia come vitale per le persone. Non è così. Non riuscirà l’operazione di chi vuole rappresentare il rapporto comunitario religioso come inessenziale e marginalizzabile nel chiuso delle proprie case, quando tutto riapre. Sono operazioni tentate dagli Stati totalitari e sono caduti prima quegli Stati rispetto all’apparente debolezza delle comunità dei credenti».
Il Governo, però, ha deciso diversamente. Qui l’articolo sulla conferenza stampa del presidente del Consiglio. Le nuove decisioni hanno suscitato una dura reazione della Conferenza episcopale italiana che in un comunicato ha scritto: «I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale. Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia».