Album of the week

SMOKEY FINGERS – Promised Land

Non esiste probabilmente un genere musicale più radicato in un certo specifico territorio del southern rock, un genere che nella quasi totalità dei suoi esponenti è rappresentato da 6-7 regioni del sud degli Stati Uniti, con qualche rara eccezione. Ed è davvero un piacere constatare come una di queste eccezioni venga dalla nostra bistrattata scena musicale, che ha negli Smokey Fingers una delle sue realtà migliori in assoluto.

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Nati nel 2008 nella zone del lodigiano, i nostri si erano fatto conoscere prima con ep autoprodotto e poi con l’album d’esordio “Columbus Way” nel 2011, prodotto dal chitarrista degli Hungryheart Mario Percudani che ritroviamo in questa veste anche in “Promised Land”. Album d’esordio che aveva ricevuto commenti molto lusinghieri praticamente dappertutto, facendoci scoprire una band decisamente degna d’attenzione. Anticipato dal singolo “The Road is My Home” il 9 settembre è stato pubblicato questo nuovo lavoro, che diciamolo subito, segna un ulteriore passo in avanti degli Smokey Fingers. “Black Madame” e siamo subito catapultati nel sud degli States, southern rock robusto sulla scia di Molly Hatchet e Blackfoot, guidato con spavalderia da Gianluca “Luke” Paterniti che per tutta la durata del disco si rende protagonista di una prova superlativa, da vero cantastorie del sud. Si continua con “Rattlesnake Trail”, un viaggio nelle assolate praterie americane con un gran lavoro alla chitarra di Diego “Blef” Dragoni e con il già citato singolo “The Road is My Home”, pezzo arricchito dalla pedal steel di Anchise Bolchi e dotato di quel flavour confederato proprio di band storiche come gli Outlaws ma anche di nuove leve come i Whiskey Myers. Quando si parla di southern rock non si può ovviamente non “omaggiare” i maestri Lynyrd Skynyrd, gli Smokey Fingers lo fanno in “The Basement” , ma attenzione…il pezzo richiama gli ultimi Skynyrd, che a dispetto di coloro che pensano che la band sia finita nel 1977 hanno pubblicato negli ultimi anni dischi notevoli, e non quelli classici. Un disco che non conosce cali di tensione e che può contare su una vera perla come “Last Train”, in cui troverete l’essenza stessa del southern rock, pezzo da pelle d’oca. Molto divertente lo scioglilingua “Floorwashing Machine Men” che cede il passo a “Stage”, rocciosa song che racconta la vita del musicista on the road e della passione per la musica. “Thunderstorm” mantiene le promesse del titolo, una vera tempesta di southern rock che rimanda ai Molly Hatchet più ispirati. Siamo quasi alla fine del viaggio ma c’è ancora tempo per un gioiellino come “Proud & Rebel”, vero inno redneck e per la conclusiva “No More”, scritta da Mario Percudani e magistralmente interpretata da Luke Paterniti, sorta di ballatona arricchita dal violino di Bolchi. Da segnalare che in diverse canzoni fanno capolino le voci femminili di Marcella Casciaro e Sara Matera, come nella più classica tradizione sudista. Album straordinario, probabilmente uno dei migliori di questo 2016, complimenti agli Smokey Fingers, grazie anche a loro la tradizione del southern rock continua.

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