Ogni anno una nuova puntata. Si ripete la vicenda dei presunti vecchi ticket non pagati. In questi giorni l’Agenzia di tutela della salute (Ats) di Bergamo sta inviando agli assistiti ventimila richieste di rimborso.
Per capire costa sta succedendo, riavvolgiamo il nastro del tempo. Dal 1982 è stato introdotto in Italia il sistema del ticket, con cui gli assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale “partecipano” al costo delle prestazioni di cui usufruiscono. Esistono molte esenzioni per varie fasce di cittadini, in base al reddito e ad altri fattori, come la presenza di malattie croniche e rare, che permettono di non pagare il ticket sanitario quando dovuto. Le contestazioni che ATS sta inviando partono addirittura dal 2012, cioè nei 10 anni di prescrizione, per coloro che hanno beneficiato di esenzione dal pagamento ticket, dopo aver autocertificato una condizione che dai controlli risulterebbe, secondo Regione Lombardia, non corretta.
«Le diffide inviate dall’Ats stanno generando il panico tra i contribuenti – dice Mina Busi, presidente di Adiconsum Bergamo -. In particolare l’azienda sanitaria di Bergamo si è concentrata in questo periodo sulle esenzioni con codici E04, e cioè sui Titolari di pensioni al minimo di età superiore a 60 anni e familiari a carico appartenenti a un nucleo familiare con reddito annuo inferiore a 8.263,31 euro, incrementato fino a 11.362,05 euro in presenza del coniuge di altri 516,46 euro per ogni figlio a carico. È del tutto evidente che dover dimostrare i redditi che risalgono a 10 anni fa diventa problematico: dopo 5-7 anni i contribuenti non sono più tenuti a conservare la dichiarazione dei redditi a meno che vi siano delle detrazioni per eventuali ristrutturazioni che sono recuperabili nei 10 anni. Bisogna rintracciare la CU o ObisM o RED per la dimostrazione del reddito, modelli da allegare».
Dovendo procedere alla verifica di quanto richiesto, il cittadino è costretto a risalire attraverso gli archivi Inps per reperire i dati. «Nei casi che stiamo esaminando presso i nostri sportelli si tratta per lo più di pensionati che percepiscono tuttora pensioni al minimo o pensioni sociali – aggiunge Mina Busi -. Tali diffide non risparmiano nessuno, coinvolgono persone anche con età avanzata come ultranovantenni e persone decedute».
Nei verbali si legge ad esempio che «non è stato possibile verificare negli archivi Inps il reddito (pensione minima)».
«È davvero vergognoso che le strutture non dialoghino tra di loro facendo ricadere sul cittadino l’onere di dimostrare la bontà della propria autocertificazione, come peraltro previsto dal DPR 445/2000 che sancisce il divieto alle pubbliche amministrazioni di richiedere documentazione già in loro possesso. In taluni casi abbiamo rilevato che l’esenzione non è corretta o perché segnata in modo errato dal medico o in alcuni casi perché l’assistito rientra in esenzioni di reddito superiore».
Adiconsum invita i cittadini coinvolti a fare ricorso contro queste diffide. «Auspichiamo che l’Ats eviti di creare tutti questi disagi per verbali emessi su ticket non dovuti – conclude Busi -, magari attivandosi direttamente presso l’Inps per le verifiche dirette».