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Clusone, celebrato il 45° di Gualberti

Celebrato questa mattina in basilica a Clusone il quarantacinquesimo di ordinazione sacerdotale di monsignor Sergio Gualberti, arcivescovo di Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia. «Quarantacinque anni fa – ha detto nell’omelia il sacerdote di origini baradelle – la mia prima Santa Messa proprio qui nella basilica e oggi ho la grazia di celebrare questa festa. Alcune parole per riassumere il cammino di questi anni. La prima: sotto il segno della “grazia”. La grazia è un dono di Dio, del suo amore gratuito, del suo sguardo benevolo. Essere prete non è stata una mia iniziativa, Dio mi ha chiamato e ho cercato di rispondere il meglio possibile. In tutti questi anni, nonostante i miei limiti, debolezze ed errori, ho cercato di vivere questo dono. Nella mia prima omelia dicevo di volere essere fratello tra i fratelli: era il proposito della mia ordinazione. Spero di essere stato un fratello che condivide la fede con gli altri. Da vescovo ho scelto come motto “ti basta la mia grazia”. E così ho fatto. La risposta di Dio alla supplica di San Paolo (che per tre volte chiedeva di allontanare una spina dalla carne e ottiene una risposta negativa) è dovuta al fatto che non montasse in superbia. Questo perché la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza. Chi deve risplendere è Dio, attraverso il nostro servizio le persone devono scoprire la Misericordia e l’amore di Dio. Tutta la nostra vita deve perciò rivelare la grazie e la gloria di Dio. Altra parola semplice: “servitore” di Dio. Siamo semplici servitori di Dio e di tutti gli uomini. Questi anni di sacerdozio sono stati un vero grande dono di Dio. Questo servizio dell’annuncio di Gesù Cristo. Altra parola che riassume il lavoro che ho svolto questi anni, iniziato come cappellano degli emigranti in Svizzera: “straniero”. Su questa terra siamo tutti stranieri. Oggi celebriamo la giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Migranti e rifugiati ci interpellano. Anche Papa Francesco ha ricordato che “indifferenza e silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo a morti per soffocamento, stenti e naufragi”. Non dobbiamo dimenticare che l’Italia è una terra di migranti. Missionario in Bolivia (per 20 anni a La Paz e per altri 16 a Santa Cruz) insieme a tanti altri sacerdoti ho imparato che essere missionario significa assumere il mistero dell’incarnazione, leggere il Vangelo e viverlo inserito nella cultura del popolo della Bolivia, un Paese con molti poveri e per questo bisogna stare con i poveri e assumere uno stile di vita austero. Posso dire che è più quello che ho ricevuto dai poveri di quello che ho dato loro».

Monsignor Sergio Gualberti

«Questo è un regalo di Dio – ha detto ai nostri microfoni al termine della celebrazione -, come ho ricordato nell’omelia lo vivo come una grazia del Signore e come ogni grazia serve anche una risposta. Ho chiesto di aiutarmi ad aiutare nel servire il Signore».

Durante l’omelia l’arcivescovo originario di Clusone ha ricordato di avere incontrato durante la sua vita due santi e un beato: «Giovanni XXIII quando ero un chierichetto, mentre in più occasioni Giovanni Paolo II. Il Signore mi ha dato anche l’occasione di conoscere il Beato Padre Alessandro Dordi. Questo ci dice che anche oggi si può essere santi facendo umilmente la volontà del Signore».

La comunità di Clusone ha voluto donare a Gualberti, oltre a un’offerta contenuta in una busta, due porta chiavi.

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