“A Hundred Years Is Nothing” è il disco numero cinque per gli svedesi Hellsingland Undergound, una band che ha veramente ben poco di scandinavo oltre alla provenienza. Le radici del quintetto affondano infatti nel più classico suono americano di derivazione southern/blues rock, discorso questo che i nostri portano avanti fin dall’esordio del 2008.
La band è formata dal cantante e principale compositore Charlie Granberg, dai chitarristi Peter Henriksson e Jerry Ask, da Thomas Pettersson al piano e dalla sezione ritmica con Martin Karlsson al basso e Patrik Jansson alla batteria. Alla band piace comunque spaziare e non fossilizzarsi solo su un tipo di canzone , l’iniziale “Carnival Behind The Hills” ha un andamento quasi psichedelico in alcuni passaggi, e nel finale si sentono influenze che sembrano venir fuori da un disco di Carlos Santana. Di tutt’altro stampo è la successiva “Strangelands”, che costruita su bel giro di pianoforte mi ha riportato alla mente le cose migliori di Bruce Hornsby and the Range, un pezzo molto particolare. “Criminal Summer” parte come una ballata e poi cresce con una varietà di soluzioni sonore che non può non ricordare i Queen, mentre con “The Blessing & The Curse” è il southern rock più puro e tradizionale a venire fuori, un pezzo che potrebbe essere benissimo uscito da un disco dei Blackberry Smoke. Sulle stesse coordinate si muovono anche “Elephant” e “From Here To The Grave”, mentre la title track è uno dei momenti più alti del disco, un brano molto emozionale, paragonarlo a qualcosa dei Gaslight Anthem viene molto spontaneo. Non manca nemmeno del buon country nel disco del sestetto svedese, “Pig Farm” è un divertente viaggio nella profonda provincia americana tra un barbecue e una partita di football della squadra del College. La chiusura è affidata a “Bloodlines”che idealmente ci ricollega alle sonorità del pezzo d’apertura, tra atmosfere quasi liquide e dal mood psichedelico. Ascoltare questo nuovo disco degli Hellsingland Underground è come fare un viaggio temporale tra la pieghe del rock americano degli ultimi 60 anni, “A Hundred Years of Nothing” è la nostra DeLorean.