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Moda e tessile: “Serve liquidità per le imprese, sennò crisi”

Il calo previsto viaggia tra il 50 e l’80% del fatturato. Quello che una volta era la miniera d’oro della Bergamasca, il settore tessile, esce con le ossa rotte dalla crisi del Coronavirus. I marchi storici e importanti hanno quasi tutti continuato a lavorare, ma da qui a produrre e vendere il passo è lungo.

Oltre 1300 aziende, quasi 30mila addetti, alcuni dei nomi più famosi della moda e del tessuto con sede in provincia: il tessile da sempre rappresenta un marchio distintivo della creatività bergamasca. In crisi da anni, forse il virus è riuscito dove la concorrenza cinese ha lasciato il lavoro a metà.

Aumentano a dismisura le richieste di Cassa, pochi ordini e qualche riconversione nel business delle mascherina non possono tenere in piedi per troppo tempo la struttura del tessile bergamasco. Altre navigano a vista. L’abbigliamento, l’arredamento, l’automotive e altre applicazioni tessili ad oggi sono in attesa che ci sia una ripresa dei consumi. Difficile fare previsioni, ma si rischia di andare incontro ad una nuova crisi”.

Cristian Verdi, nuovo responsabile della FEMCA CISL di Bergamo, legge con naturale apprensione la situazione del settore in provincia.

Soprattutto nel settore moda, le imprese sono in cerca di liquidità: FEMCA, come fatto in precedenza da CISL, chiede alle banche responsabilità e collaborazione.

Non è difficile pensare che per i prossimi 3 mesi aumenterà il fabbisogno di liquidità. E in quest’ottica il tessile è il sistema che esprime il bisogno più alto.

Le attese sui ritardi e gli insoluti di entità sopra il 20% vedono ancora le aziende del sistema moda lanciare i segnali più allarmanti. Serve senso di responsabilità e collaborazione per permettere all’imprenditoria tessile e della moda bergamasca di continuare ad esprimere i livelli di eccellenza dimostrati nel passato. È importante usare le misure di liquidità volute dal Governo in modo efficace nel breve, e cercare più ampie soluzioni di collaborazione, per agire sull’economia reale, con una visione di ampio respiro temporale”.

In una panoramica prodotta dalla segreteria FEMCA di Bergamo, i gruppi maggiori evidenziano situazioni di forte precarietà. Nella Valle Seriana, epicentro del dramma sanitario, e oggi di quello economico, molte grandi aziende lamentano “uno stallo per almeno due mesi, casse richieste e effettuate per oltre 3000 lavoratori, perdite stimate di produzione e fatturato per oltre il 60% -dice Verdi -. In marzo e aprile praticamente si è prodotto quasi nulla. ora si sta lavorando per recuperare le settimane chiuse per Covid, ma con fatica. La fermata dell’automotive e la mancata ripartenza di altri settori committenti delle fabbriche seriane lascia grande incertezza anche nella programmazione del lavoro. Quasi tutte le aziende hanno già fatto le 9 settimane di Cigo per Covid previste dal primo DPCM, e ora si pensa a come affrontare le prossime. I grandi investimenti effettuati per quest’anno sono andati quasi persi, e tutto è rallentato dai mesi di epidemia”.

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Categorie: Notizie
Tag: Economia, Lavoro, Tessile

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