Album of the week

Dark Horse Flyer – Hotel Paradise

Secondo lavoro per questa band proveniente dal sud della Florida, dopo l’esordio discografico di qualche anno fa, un nome che tutti gli amanti del southern rock di matrice più blues farebbero bene a segnarsi sul taccuino. Siamo infatti al cospetto di un sestetto che rappresenta al meglio quel tipo di sound che prende spunto in egual maniera sia dal classic rock di matrice britannica che dal jam-rock di band come Little Feat o se vogliamo stare ai giorni nostri Gov’t Mule.

Dark Horse Flyer band

Ne viene fuori un disco veramente molto ispirato, ricco di sfumature e di umori diversi, grazie al lavoro delle tre chitarre ( tipico elemento southern ) di Don Mularz ( anche cantante ), Scott Lane e John Tillman e alla preziosa rifinitura delle tastiere ( hammond compreso ) di Bob Taylor. E che la parte strumentale percorra i sentieri delle band sopra citate lo si capisce subito dall’iniziale “Breezin'”, brano strumentale di tre minuti che ha il compito di aprire il disco e fare da apripista al primo pezzo “Coconut Jive” , un pezzo dall’andamento quasi funky innestato su una solida base classic rock blues. “High Five”  è se possibile ancora più particolare, influenze alla Carlos Santana fanno capolino mischiandosi ad una sezioni di fiati e alla voce femminile di Beth Cohen, per un brano dal mood molto notturno, quasi jazz. Più tradizionale invece “Monroe County Line”, southern rock con un bel piano honky tonk e ancora una sezione fiati in evidenza. Si prosegue con “Out Of Time” classico rock-blues con un l’hammond di Taylor a farla da padrone che precede “South Miami Midnight”, uno dei momenti migliori del disco, brano che non avrebbe sfigurato in qualche disco dei Little Feat e che vede un ottimo lavoro delle tre chitarre che duellano nella parte centrale del pezzo con un crescendo degno dei migliori Gov’t Mule. Degne di nota sicuramente anche “Car With Fins” con un andamento alla ZZ Top e “Highway 27” southern rock ad alto voltaggio grazie anche all’armonica dello special guest Robbie Dupree. Chiusura affidata ai quasi 8 minuti di “If I Could Get You Alone” che concludono il disco nella più classica tradizione sudista con un pezzo prima tranquillo e che poi si trasforma in una cavalcata elettrica per un finale con il botto. La band non ha ancora realizzato nessun video per questo album, qui sotto trovate un estratto dal primo disco che mi sento caldamente di consigliarvi come del resto questa loro nuova fatica.

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