Speciale Migranti

Migranti, la Cooperativa Ruah: “Non sappiamo quanti ne arriveranno ancora”

Nessun numero ufficiale in merito all’arrivo di migranti a Parre, per saperne di più bisognerà attendere le comunicazioni della Prefettura a fine mese. La Cooperativa Ruah, incaricata di gestire l’ospitalità all’Hotel Belvedere, per ora non dà ulteriori informazioni rispetto a quello che potrebbe accadere. Chiara Donadoni, coordinatrice del progetto di accoglienza in Bergamasca, spiega: “Non sappiamo quanti ne arriveranno. Immaginiamo che l’emergenza continui. Non abbiamo però numeri concreti perché le persone vengono accolte dalla Prefettura. Non sappiamo quante ne arriveranno. A fine mese la Prefettura darà gli esiti del bando che si è chiuso a fine maggio”. Ad Albino, la serata “Comuni e comunità accoglienti” ha permesso di fare il punto sulla situazione in provincia. L’incontro è stato promosso da Mamme del mondo, Cgil, Cisl, Caritas, Pd, Sel, Progetto civico PerAlbino, Anpi, Associazione PerAlbino e Oratorio Papa Giovanni XXIII. C’erano anche diversi migranti ospiti delle strutture di accoglienza di Lizzola e Bergamo, che hanno proposto testimonianze e musica. È intervenuto anche Osvaldo Simoncelli, consigliere delegato alle Politiche sociali del Comune di Valbondione. “Oggi abbiamo più di 500 persone accolte in 11 strutture sparse in tutta la Bergamasca. Dalla Val Seriana alla Val Brembana, fino alla Val Cavallina e alla Bassa. Abbiamo anche piccoli appartamenti a Pagazzano, un’esperienza pilota per provare a fare accoglienza anche con numeri più piccoli”, spiega ancora Chiara Donadoni. Inevitabile parlare della forte contrapposizione emersa in alcuni paesi, anche negli ultimi giorni, dopo la pubblicazione della graduatoria relativa al bando della Prefettura. “All’inizio l’apertura di queste strutture crea molta paura e molte tensioni – ammette Chiara Donadoni –. La cosa positiva è che i ragazzi da una parte della popolazione sono stati accolti molto bene. All’inizio nessuno li vuole, ma le attività di volontariato, le iniziative di sensibilizzazione, gli incontri con la cittadinanza, e quindi il dialogo, e la conoscenza con i ragazzi stessi fanno appiattire le tensioni e la convivenza è pacifica”. Spesso, c’è chi mette in evidenza che a volte i migranti ospitati sono forse troppi in relazione al numero di abitanti, soprattutto quando si tratta di piccoli paesi di montagna. “La grande fatica di questo periodo è trovare le strutture. Anche per noi sarebbe più facile poter lavorare in posti più centrali, in paesi più grossi, dove è meno difficile accedere ai servizi. Anche per noi sarebbe una fortuna non lavorare a Lizzola. Se ci fossero strutture in città, noi saremmo pronti a trasferire anche chi è lontano perché ci rendiamo conto del disagio degli abitanti, che sono pochi rispetto ai numeri, ma soprattutto dei ragazzi che sono stanchi di vivere isolati. Non è solo la lontananza, ma anche non avere prospettive: non hanno più la data della commissione territoriale e questo crea in tutte le strutture un livello di tensione molto alto perché non sanno più che cosa devono aspettare”.

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