Album of the week

Tempt – Runaway

Una copertina nera con una semplice scritta, “Tempt” e il titolo più in basso “Runaway” nasconde uno dei più interessanti album di debutto degli ultimi tempi in campo melodic rock. Che questo potesse essere un lavoro degno di nota lo si era capito ancora prima di ascoltarlo, questo perchè è il primo lavoro inedito che viene pubblicato dall’etichetta inglese Rock Candy, specializzata solo ( fino ad ora ) nel ripubblicare materiale già edito di alto livello. Derek Oliver, boss dell’etichetta è uno che se ne intende discretamente e il suo scendere in campo con una produzione “nuova” aveva fatto alzare le antenne a tutti quelli che bazzicano l’ambiente. Lo stesso Oliver nelle note di retro copertina chiarisce di essersi interessato alla band dopo aver ascoltato l’ep autoprodotto pubblicato dalla band l’anno scorso e che aveva riscosso subito molto interesse nel circuito.

Tempt

Provenienti da New York i Tempt vengono definiti da Oliver come l’incontro tra sonorità più “moderne” di gruppi come Foo Fighters, Audioslave e Alter Bridge con band “classiche” come Aerosmith, Van Halen e Def Leppard. Questo è a mio avviso è abbastanza fuorviante, perchè sinceramente forse solo i Def Leppard possono rientrare in qualche modo in quello che i nostri propongono. L’album è stato prodotto da Tag Gross ma soprattutto mixato e masterizzato dal guru Michael Wagener, ed è forse per quello che ha un suono talmente anni ’80 che farebbe pensare ad una release registrata in quegli anni e poi rimasta nel cassetto. Ma guardando le foto di copertina si evince chiaramente come negli anni’80 i nostri andassero probabilmente all’asilo e allora c’è da dire che Zach Allen ( voce ) , Harrison Marcello ( chitarra e tastiere ), Nicholas Burrows ( batteria ) e Max Mc Donald ( basso ) hanno di sicuro consumato i dischi di quell’epoca. “Comin’On To You” è disarmante nella sua semplicità ma assolutamente vincente per via di un coro che ci riporta direttamente all’eta dell’oro dell’AOR, pezzo molto riuscito grazie anche all’ottimo lavoro di Marcello alla chitarra, che a conti fatti risulterà il vero punto di forza del disco insieme a questa capacità innata di scrivere coretti e ritornelli di presa immediata. “Under My Skin” prosegue sulla via tracciata dall’opener, mentre “Paralyzed” non avrebbe sfigurato in un disco degli Heaven’s Edge. Ancora AOR muscolare in “Use It Or Lose It” che precede il momento clou di tutto il disco: la title track infatti è un clamoroso spaccato anni ’80 che sarebbe stata perfetta all’interno di una colonna sonora di qualche film dell’epoca con quel suo andamento sinuoso e con un ritornello mutuato dai migliori Giant. E se con “Aamina” la mente corre agli Stage Dolls di qualche anno fa, “The Fight” percorre il medesimo sentiero di “House of Fire” di Alice Cooper ( il ritornello è davvero molto simile ). 14 canzoni sono tante, forse un paio di pezzi in meno avrebbero reso il disco più snello, ma anche verso il finale ci sono brani davvero belli come “What Is Love” e “Fucked Up Beatiful” ( quest’ultima una delle migliori dell’intero lavoro ). Non manca ovviamente la ballata, intitolata “Time Won’t Heal” , che nel contesto potrei definire senza infamia e senza lode, di fatto non uno dei picchi del disco. I Tempt non inventano nulla, come avrete capito hanno parecchie cose che ricordano brani del passato, ma è tanta la convinzione e la perizia con cui lo fanno che chi apprezza certe sonorità non potrà fare a meno di innamorarsi di questi baldi giovanotti.

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