Ci sono voluti quasi 25 anni per veder tornare con un nuovo lavoro i Circus of Power, questo “Four” segue infatti l’ultima release “Magic & Madness” uscita nel ormai lontano 1993. Provenienti da New York City, i Circus of Power hanno vissuto la grande stagione dello sleaze rock di fine anni ’80 primi ’90, anche se la loro proposta si differenziava non poco dal tipico sound di quegli anni targato Sunset Strip. Tatuaggi, moto, risse e vita da strada di una metropoli come New York hanno da sempre rappresentato il biglietto da visita di questa band a mio avviso spesso dimenticata.
C’è da dire che della formazione originale è rimasto solo il cantante Alex Mitchell, affiancato in questa nuova avventura dai chitarristi Billy Tsounis e Joe Truck, dal bassista John Sharkey e dal batterista Brant Bjork ( Kyuss, Fu Manchu, Mondo Generator ). L’album si compone di ben 14 canzoni e si apre con “Fast and Easy”, oserei dire il tipo di canzone che uno si aspetta dai Circus of Power…diretta, rock’n’roll, senza fronzoli e che rimanda direttamente al primo disco della band. Segue “Hard Drivin Sister”, pezzo già edito qualche tempo fa e che mette in luce la capacità della band di scrivere brani accattivanti senza rinunciare al mood stradaiolo che è la vera peculiarità del combo Newyorchese. “Rock Show” e “Sin City Boogie” viaggiano spedite sui sentieri del rock’n’roll più tradizionale, mentre “Princess of Mars” ha un flavour quasi pop, che ritroviamo anche in “The Tea Song”, per un risultato decisamente particolare. “Half A Dozen Roses” è uno dei miei brani peferiti del disco, un omaggio ai Rolling Stones in salsa COP, con un grande Alex Mitchell sugli scudi. “American Monster” vede il cameo di Jjrky 69 dei The 69 Eyes ed è in effetti accostabile a qualcosa della band finlandese, rock’n’roll dalle tinte quasi gotiche. “Hot Rod Girls”mantiene quanto il titolo promette, tra donne e motori, mentre con “Blood On Standing Rock” è lo stoner a prendere il sopravvento, per un pezzo che potrebbe essere uscito da qualche session di Bjork con i Kyuss o i Fu Manchu. Menzione finale per “Love Sick Blues”, in cui il marchio di fabbrica di Mitchell è evidente, canzone breve e di impatto immediato. Un giudizio finale che non può che essere positivo, lo spirito dei Circus of Power è ben presente in questo nuovo lavoro nonostante sia rimasto solo Mitchell della vecchia formazione, un lavoro che in certi momenti stupisce per soluzioni sonore molto diverse tra loro.